Bio On, la carica degli 881 Molti volti noti tra le vittime

Tra le richieste di costituzione Alberto Vacchi (Ima) e Masotti (La Perla). Poi Roversi Monaco, Roberta Capua e il capofila del comitato del Salvemini

Migration

di Nicola Bianchi

La lista è lunga, lunghissima. Tutti in fila per chiedere i danni all’ex colosso della bioplastica, quella Bio On dai piedi d’argilla crollata in Borsa con 1,3 miliardi bruciati in poche sedute e poi fallita. Ben 881 le richieste di costituirsi parte civile depositate ieri mattina nelle mani del gup Domenico Panza all’apertura dell’udienza preliminare, nell’aula bunker della Dozza, il quale scioglierà la riserva su chi ammettere il 14 ottobre. Alla sbarra – dieci gli imputati – ci sono gli ex vertici della società di Castel San Pietro Terme, fra amministratori, sindaci, direttore finanziario e revisore, accusati a vario titolo di manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali, tra i quali Marco Astorri, fondatore ed ex presidente del cda, difeso dall’avvocato Tommaso Guerini, poi Guido Cicognani, ex socio e vice presidente e Gianfranco Capodaglio, ex presidente del collegio sindacale.

Ecco i vip. Tra chi ha chiesto di costituirsi, ci sono numerosi piccoli risparmiatori vittime del fallimento dell’azienda, ma anche nomi notissimi che hanno perso con azioni, investimenti, partnership: come l’ex rettore dell’Università di Bologna e presidente di Genus Bononiae, Fabio Roversi Monaco, la società Ima di Alberto Vacchi e l’ex presidente de La Perla, Alberto Masotti. Tra gli investitori traditi ci sono anche Gianandrea Rocco Di Torrepadula, del Cda di Genus Bononiae, la conduttrice Roberta Capua, fino a Roberto Alutto, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime del Salvemini. Lunghissima anche la lista delle associazioni dove figurano Adusbef e Codacons, poi Banca Finnat e Zeropack, società che ha sviluppato il progetto delle bioplastiche, di cui Bio on detiene il 50%. Non manca Inarcassa, l’istituto nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e architetti. "Siamo pronti a dare battaglia perché i nostri assistiti – spiegano gli avvocati Bruno Barbieri e Paola Cagossi, che rappresentano centinaia di ex azionisti – possano riavere tutto ciò che hanno ingiustamente perso".

Il crac. L’inchiesta, diretta dal procuratore aggiunto Francesco Caleca e dal pubblico ministero Michele Martorelli, venne alla luce nell’ottobre del 2019, quando scattarono tre misure cautelari e sequestri, dopo gli accertamenti della Finanza sulla società quotata sul mercato Aim. E finita nel mirino, nei mesi precedenti, di un attacco del fondo americano Quintessential che pubblicò un dossier con cui accusava l’azienda di essere "una nuova Parmalat a Bologna", un "castello di carte" destinato "al collasso totale". Durissimi gli inquirenti che parlarono di "un disperato tentativo di salvare la società da un crollo che appare profilarsi come elemento ineludibile". "Un’estrema disinvoltura nell’ammannire comunicazioni non veritiere, dirette a fornire una falsa rappresentazione della realtà aziendale". E ancora, "una persistenza nell’illecito". Tradotto: false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. Nella prossima udienza si deciderà anche sui responsabili civili: chiesta la citazione dei due revisori Ernst & Young e Pricewaterhouse.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro