L’azienda possedeva realmente la tecnologia che diceva di avere e i bilanci erano corretti. L’avvocato Tommaso Guerini, che assiste l’ex presidente di Bio-On Marco Astorri, si è concentrato su questi punti nella seconda parte della sua arringa difensiva davanti al collegio presieduto dal giudice Domenico Pasquariello. Per l’ex numero uno dell’azienda delle bioplastiche – fallita il 19 dicembre del 2019 a seguito delle indagini scaturite da un attacco speculativo del fondo statunitense Quintessential – la Procura (titolari del fascicolo il procuratore aggiunto Francesco Caleca e il sostituto Michele Martorelli) ha chiesto 10 anni. Le accuse – nel processo sono imputate altre otto persone tra cui il vice di Astorri, Guido Cicognani – sono a vario titolo di bancarotta fraudolenta impropria e per distrazione e tentato ricorso abusivo al credito. Per Guerini, la ricostruzione accusatoria è "piena di ‘bias’ (pregiudizi; ndr) di conferma", in quanto la Procura si sarebbe "soffermata solo sugli elementi che confermavano la sua tesi", ma non su quelli che invece l’avrebbero confutata.
Dunque, pur riconoscendo che "nell’estate del 2019 era doveroso, per la Procura, fare indagini", il legale rivendica la correttezza dell’operato dell’ex numero uno di Bio-On e della società, contestando il fatto che sia Caleca che Martorelli abbiano "mantenuto un impianto accusatorio sistematicamente smontato in istruttoria". Nella sua arringa non sono mancati anche gli attacchi al report di Quintessential che, secondo Guerini, è stato "costruito artificiosamente, manipolando le informazioni ed esponendole con toni enfatici". Non solo, il legale di Astorri ha poi parlato del "generosissimo patteggiamento" accordato al revisore dei conti di Ernst and Young, Alberto Rosa, che ha patteggiato una pena di un anno e sei mesi al termine dell’udienza preliminare. Tornando all’analisi dei bilanci della società, Guerini ha ribadito che "i documenti parlano chiaro" e dicono che l’ex unicorno delle bioplastiche "era una società che operava correttamente".
Motivo per cui "va rigettata la tesi dell’impresa criminale" su cui avevano insistito il procuratore aggiunto Caleca e il sostituto Martorelli nel corso della requisitoria, affermando come una condotta segnata da "avidità e narcisismo" avesse generato "un danno patrimoniale e finanziario enorme nelle dimensioni, diffuso e pervasivo negli effetti". Ed è proprio alla pubblica accusa che Guerini si rivolge avviandosi verso la fine della sua arringa (la conclusione è prevista per stamattina): la Procura, infatti, secondo il legale avrebbe tentato di confutare la correttezza dei bilanci di Bio-On senza produrre i documenti necessari a sostenere questa ipotesi e avrebbe sostenuto delle "tesi apodittiche e prive di sostegno dal punto di vista tecnico".