Bologna, 30 aprile 2023 – Tre denunce sono state già presentate alla Digos, per altrettante occupazioni cittadine. Per completare il quadro, manca solo quella di Cassa Depositi e Prestiti, colta di sorpresa, venerdì mattina, dall’ennesima invasione della caserma Masini da parte di Luna, collettivo studentesco vicino a Làbas, che per anni nella ex struttura militare aveva avuto la sua sede.
Le denunce preludono, come è noto, a provvedimenti di sgombero, che dovranno essere prima o poi eseguiti dalle forze dell’ordine. E se per i casi di via della Certosa, con la ‘Vivaia’ occupata dalla frangia anarchica femminista, e di via Agucchi, con una ex concessionaria invasa dalle varie anime che compongono il gruppo ‘No passante’ (vicine all’ex Xm24), l’iter che precede lo sgombero seguirà la prassi consueta - gestione delle mobilitazioni esterne di sodali a sostegno degli occupanti comprese - la situazione è ben più complessa per il palazzo dell’Asp occupato da Plat (la nuova sigla di Social Log) in via Raimondi, alla Bolognina.
Attualmente nel palazzo sono presenti una trentina di persone: più famiglie, con diversi bambini. Per questo, il lavoro di preparazione sarà più complesso e dovrà interessare anche i servizi sociali, per individuare una situazione abitativa, almeno tampone, se non a lungo termine, per queste famiglie. Era dai tempi delle grandi occupazioni dell’ex Telecom e di via De Maria che non si verificavano, in città, occupazioni così complesse. A mettere fretta, in questa situazione già difficile da gestire, c’è anche il progetto di riqualificazione del palazzo di Asp, da finanziare con fondi Pnrr. Che, come si sa, hanno scadenza breve.
Tornando a via Borgolocchi, quando nel 2015 venne emesso il provvedimento di sequestro della caserma, la proprietà aveva specificato, nella denuncia presentata, i rischi di stabilità dell’immobile, che necessitava, per essere vissuto, di importanti lavori di riqualificazione. Che evidentemente, in questi anni successivi allo sgombero di Làbas, avvenuto nell’agosto del 2017, non sono stati effettuati, visto che neppure un chiodo è stato piantato in questi anni in quelle mura. Quindi, una situazione di pericolo immutata rispetto al passato. Che non si può risolvere soltanto con gli interventi di ‘autorecupero’ che da venerdì gli attivisti del collettivo stanno portando avanti negli appartamenti un tempo occupati dagli atleti dell’Esercito.
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