Bonifazi: "Qui nascerà la fabbrica delle cellule"

La scienziata del Sant’Orsola che ha curato Mihajlovic lavora sui trapiantati "Tra le terapie più avanzate ci sono le Car-T, in futuro saranno ’made in Bo’"

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Le donazioni di midollo osseo, da rilanciare in quest’anno complesso segnato dalla pandemia, e la ricerca. Che, qui al Policlinico Sant’Orsola, si svilupperà nella nuova cell factory, la fabbrica delle cellule: sotto le Torri verranno prodotti farmaci iperspecializzati grazie all’ingegnerizzazione dei linfociti (un processo di cui si legge nella declinazione Car-T). Sono i due binari su cui lavora Francesca Bonifazi, per molti la dottoressa che ha curato Sinisa Mihajlovic, ma soprattutto scienziata che da tempo lavora sulla cura dei trapiantati malati di leucemia.

Dottoressa Bonifazi, lei dirige il programma di terapie cellulari avanzate. Come vi state muovendo?

"Come sappiamo il trapianto può essere allogenico, cioè di cellule staminali ematopoietiche da donatore, o autologo, cioè da se stessi. Il trapianto allogenico serve per la cura delle leucemie, ma anche di linfomi ed emopatie. In circa 50 centri in Italia abbiamo duemila trapianti allogenici all’anno. Se pensiamo a chi sono i donatori, meno di una persona su quattro riceve le cellule dal fratello, una percentuale un po’ più alta da figli o altri parenti e il restante, poco sotto il 50%, dai donatori iscritti al registro, la banca dati che tiene memoria dell’Hla, il sistema che regola la compatibilità di organi e tessuti".

Per questo sono importanti il registro dei donatori e l’aumento delle donazioni?

"Sì, la probabilità di essere compatibili con altri è di 1 su 100mila. In Italia abbiamo 480mila iscritti, ma tante combinazioni, tanti fenotipi rari. Per tutti questi motivi, è importante donare il midollo osseo e iscriversi al registro italiano".

L’Admo ha lanciato un nuovo progetto. In cosa consiste?

"L’impegno della presidente Rita Malavolta è grandissimo. E’ chiaro che in periodo di pandemia si va meno in ospedale e non ci sono banchetti o manifestazioni. Per donare bisogna avere meno di 35 anni e pesare più di 50 chili: basta un test salivare e l’Emilia-Romagna è fra le prime regioni in cui l’Admo spedisce direttamente a casa un kit per fare questo esame. E’ banale, basta restituire la busta e si possono salvare delle vite. Le donazioni e le iscrizioni si sono di fatto dimezzate. Donare è importantissimo".

Poi c’è l’aspetto della ricerca. Cosa farete al Sant’Orsola?

"Nelle terapie cellulari, fra quelle più avanzate ci sono le Car-T. Abbiamo in programma, con la nascita dell’Irccs e in un percorso che potrebbe durare cinque anni, di creare una cell factory, una fabbrica, anzi un’officina di produzione delle cellule autorizzata. Oggi c’è il Bambino Gesù del professor Franco Locatelli, con cui abbiamo una convenzione. Domani ci saranno le Car-T made in Bo. Ora sono prodotte soprattutto da compagnie farmaceutiche e hanno costi altissimi, anche 2-300mila euro".

Come funzionano le Car-T?

"Si tratta di linfociti che vengono ingegnerizzati, istruiti per aggredire l’antigene tumorale e poi reinfusi nel paziente per combattere la malattia. Il problema sono però i loro effetti collaterali: i nodi sono la tossicità e l’efficacia. Ecco perché per ‘trattare’ le Car-T serve un approccio multispecialistico".

Quello che farete al Sant’Orsola?

"Sì, ci sarà un team con rianimatori, cardiologi, neurologi, trapiantisti. E avremo ragazzi giovani da ‘allevare’ che faranno ricerca. Potremo fare più Car-T spendendo meno. L’efficacia non potrà che aumentare. Ma, di pari passo, non dimentichiamo le donazioni".

Valerio Baroncini

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