Botte e paura: gli ultimi giorni di Kristina L’ex compagno arrestato per omicidio

La ragazza fu trovata nel 2019 morta sotto al letto. L’uomo, 44 anni, incastrato dal Dna e da 6mila telefonate registrate e poi cancellate

Migration

di Nicoletta

Tempera

Il corpo, in una posizione innaturale, giaceva sul pavimento dell’appartamento di via Andrea Da Faenza da giorni. Era il 26 marzo del 2019 e ci sono voluti tre anni e mezzo di indagini e 6mila telefonate nascoste analizzate, per ricostruire quella morte, mettere in fila gli ultimi momenti di una vita tormentata. E arrivare così a identificare il presunto colpevole di quella violenza che aveva spezzato, a 27 anni, la vita di Kristina Gallo.

L’altra sera, i carabinieri hanno rintracciato in via Bentini Giuseppe Cappello, 44 anni. E lo hanno arrestato, su esecuzione di misura cautelare in carcere, per omicidio aggravato dallo stalking, disposta dal gip Roberta Dioguardi. L’uomo, difeso dall’avvocato Alessandra Digianvincenzo, era stato iscritto nel registro degli indagati un anno e mezzo fa, nel corso di un’inchiesta complessa, che aveva avuto anche una battuta d’arresto nel novembre del 2019, quando la Procura, in base agli esiti dell’autopsia che aveva concluso per una morte naturale, aveva chiesto di archiviare il caso.

La famiglia di Kristina, però, si era opposta. E il gip aveva accolto la richiesta di nuovi accertamenti. I carabinieri hanno continuato così a scavare, mettendo in ordine gli innumerevoli indizi che conducevano fino all’odierno indagato. Elementi emersi anche nella prima fase dell’indagine - come i graffi che aveva sul volto, subito fotografati dai militari, le siringhe di insulina e le chiavi dell’auto dell’indagato trovati nell’appartamento della vittima -, ma che in assenza dell’evidenza di un delitto non potevano portare da nessuna parte. A ribaltare le conclusioni della prima perizia autoptica sono quindi arrivati gli esiti della consulenza tecnica affidata a Cristina Cattaneo e Biagio Eugenio Leone. Un lavoro più che complicato, perché intanto il corpo di Kristina era stato cremato e gli specialisti avevano a disposizione solo tessuti e liquidi biologici prelevati durante l’autopsia; e perché l’appartamento di via Andrea da Faenza, dissequestrato, era tornato nella disponibilità dei proprietari.

Ma c’erano le foto fatte dalla Scientifica, che hanno permesso di ricostruire la scena del delitto in 3D. E tanto è bastato per mettere i primi punti fermi: la posizione in cui era stato trovato il corpo di Kristina non poteva essere quella in cui la ragazza era morta. Sul suo reggiseno e sulle mutandine, che le erano state strappate, c’erano tracce di tre Dna diversi: quello della vittima e dell’indagato in quantità consistente e un terzo maschile ritenuto non significativo. Ma ancora più rappresentativa, la presenza del Dna di Cappello sotto le unghie della vittima, forse in un estremo, vano tentativo di difendersi. E, da ultimo, lei sarebbe morta, plausibilmente, per asfissia, causata da un cuscino pressato sul viso.

Il movente? Il prosieguo delle indagini dei carabinieri, che si sono avvalsi della collaborazione del Ris di Parma, ha permesso di ricostruire il rapporto violento e malato tra la vittima e il suo presunto assassino. Dal sequestro del cellulare di quest’ultimo, infatti, è emerso un mondo di vessazioni e violenze, in parte già conosciute dagli inquirenti grazie alle testimonianze fornite dalle persone che conoscevano Kristina e Cappello.

I due si erano incontrati tre anni prima. E, benché l’uomo fosse sposato, avevano avviato una relazione, caratterizzata dalla maniacale gelosia di lui. Che, stando a quanto raccolto dai carabinieri, oltre a picchiarla, aveva ridotto Kristina in uno "stato di segregazione morale", arrivando a privarla di cellulare e chiavi di casa e imponendosi come tramite tra lei e i suoi affetti più cari. Tutto documentato in circa seimila telefonate, registrate dalla app ‘Acr Calls’, che l’uomo, un mese dopo il delitto, aveva disinstallato dal suo cellulare. Ma che sono state comunque recuperate dagli esperti dell’Arma e che adesso rappresentano una delle prove più pesanti a carico del quarantaquattrenne. Fornendo anche un plausibile movente al delitto: la necessità di tappare la bocca a Kristina, che avrebbe voluto informare la moglie di lui della relazione.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro