di Gianluca Sepe
Gente che lotta fuori e dentro il ring. Un mantra che alla Bolognina Boxe ripetono spesso e che fotografa al meglio l’impresa di Pamela Malvina Noutcho Sawa. Bologna ha una nuova campionessa di pugilato grazie all’atleta, di origini camerunensi, che ha conquistato la cintura a Casoria contro Nadia Flahli in una notte che difficilmente dimenticherà. È un successo che fotografa la Bologna accogliente, sportiva e solidale, che ha accolto la neo campionessa italiana pro dei pesi leggeri e ne ha fatto la sua beniamina spingendola al trionfo. Un successo arrivato a poco più di un anno dall’ottenimento della cittadinanza italiana, che Malvina, 31 anni e in Italia da quando ne aveva 8, ha inseguito a lungo scontrandosi con la burocrazia, messa all’angolo poi grazie ai risultati sportivi. Infatti, dopo essersi ricongiunta con il padre che aveva lasciato il suo Paese per studio e lavoro, ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza a Perugia, poi si è trasferita a Bologna, dove si è laureata in Scienze Infermieristiche e dove, durante un tirocinio in un centro di accoglienza per senza fissa dimora, all’interno del quale c’era una piccola palestra, ha scoperto la sua passione per la boxe. Lavora come infermiera al Maggiore di Bologna e si allena alla Bolognina Boxe, una delle istituzioni sportive della città.
Che sapore ha questa vittoria?
"Ho sognato tanto questo momento, è stato un match durissimo contro un’avversaria di alto livello. Credo che sul ring sia andato in scena un incontro spettacolare, che ha fatto bene alla boxe a livello nazionale. Abbiamo lavorato per mesi in palestra, affrontando anche uno sfratto, ma ci eravamo dati l’obiettivo di vincere questo titolo e ci siamo riusciti".
C’è qualcosa di più oltre a questa cintura?
"C’è la consacrazione di una bambina che è diventata donna. Arrivata nel 2000 con un aereo dal Camerun con gli occhi pieni di sogni e una visione del mondo che con il tempo è mutata, ha scoperto una realtà diversa prima a Perugia e poi a Bologna. Che ha visto la diffidenza e l’ignoranza di alcune persone, ma anche la grande capacità di accogliere e la solidarietà di tanti. Proprio a Bologna ho scoperto come si vive nel mondo dei grandi: prima la maggior parte delle cose le facevano i miei genitori mentre sotto le Due Torri ho iniziato ad arrangiarmi, a pagare le bollette e a conciliare sport e lavoro. Ma soprattutto ho conosciuto la boxe. Mi ha aperto un altro mondo, quello dell’impegno. Prima lavoricchiavo e studiavo, con lo sport ho scoperto il vero significato del sacrificio: se vuoi essere uno sportivo vincente questo è fondamentale".
Eppure ha dovuto prendere a pugni anche alcuni pregiudizi.
"Più che altro ho combattuto con l’ignoranza di alcune persone. Nel rapporto con gli altri, c’è stato un cambiamento, più cresci e più scopri che ci sono persone che ti guardano in modo diverso perché non ti ritengono all’altezza ma con il passere del tempo capisci che molto spesso è questione di ignoranza. Si tratta di persone che non hanno mai avuto a che fare con persone con un colore diverso della pelle, è tutta una questione di confronto perché vivono di pregiudizi. Ho dimostrato loro con i fatti chi sono realmente".
Ha parlato di solidarietà, a chi vuole dedicare questa vittoria?
"In Bolognina siamo una grande famiglia, voglio dedicarla alla mia gente e soprattutto al nostro quartiere che troppo spesso è salito agli onori della cronaca per i motivi sbagliati. Tutti mi hanno accolto sin dal primo momento, trattandomi come una di loro. In questi mesi mi hanno sostenuto, fermandomi per strada e pregandomi di vincere per loro. All’occupazione di via Corticella hanno addirittura allestito un maxi schermo per seguire il match: mi ha reso piena di orgoglio ed emozionata tantissimo".