Tra Bulgarelli e Perani, tra Fogli e Nielsen c’è anche lui, Luca Goldoni, con il ciuffo ribelle, gli occhiali appoggiati sul naso e quell’aria interrogativa. Sì, nell’immaginario collettivo dei tifosi del Bologna che ricordano l’ultimo scudetto, c’è anche lui, Goldoni Luca da Parma. Che non fece gol, come Romanino e Dondolo, ma confezionò qualcosa di magistrale che, a distanza di quasi sessant’anni, viene ricordato come l’immagine più bella dello scudetto. Già, perché Goldoni 1928, in quella tarda primavera del 1964 è una delle firme principali de il Resto del Carlino.
E il direttore, Giovanni Spadolini – "pur essendo un alieno degli stadi, credeva che le partite si svolgessero in tre atti", scrisse il Divino Luca – comprende che quell’evento popolare, lo spareggio dell’Olimpico, va omaggiato nel migliore dei modi.
E così fu: "Tu – scrisse Goldoni –, mi aveva detto Spadolini, fai la città".
E Luca, il giornalista e lo scrittore, prese tremendamente sul serio l’impegno. Certo, c’erano gli inviati a Roma, ma lui, a Bologna, era il padrone dei portici e delle chiese, delle Due Torri e di Palazzo d’Accursio.
E Luca, capisce subito che per descrivere quello che sta accadendo, deve girare per la città. Oggi, l’idea, sarebbe quasi banale. Quasi sessant’anni fa, invece, in un giornalismo piuttosto ingessato, è un’intuizione rivoluzionaria.
E lì, grazie anche allo scudetto, perché se avesse dovuto raccontare una sconfitta, la pagina sarebbe finita nel dimenticatoio, nasce il reportage più suggestivo e romantico: "L’urlo della città".
Già, perché Luca, senza nominare gli eroi dell’Olimpico, si sofferma sugli uomini in canottiera e le donne in sottoveste che popolano finestre e balconi della dotta e grassa Bologna, tra un tempo e l’altro di quella storica partita. "Ad un tratto – scrive ancora – accadde qualcosa di indescrivibile. Un urlo disumano, che non si era mai udito perché siamo abituati ai boati degli stadi, non a quello di una città. Non era il Bologna che aveva fatto goal, era una vicenda che cominciava a chiudersi come doveva (...). Era giusto che ci fossero giorni anche per queste bandiere, queste lacrime, queste candide emozioni. Scesi dall’auto e abbracciai un signore".
Parole che dall’inchiostro e dal piombo di quell’8 giugno (quando vennero pubblicate), sono diventate quasi una filastrocca, per noi tifosi e innamorati degli anni d’oro.
Grazie Maestro.