"Di morti sul lavoro ce ne sono ancora troppi, la vicenda di Yaya porta a farci tante domande". Parole scandite a gran voce dal cardinale Matteo Zuppi proprio pochi giorni fa nella sua visita all’Interporto dove ha ricordato la morte del ventiduenne carrellista Yaya Yafa, schiacciato e ucciso da un camion il 21 ottobre 2021. L’inchiesta su quella tragedia oggi è a una svolta con il numero degli indagati che si allarga dopo l’iscrizione, per omicidio colposo, dell’autista del mezzo pesante (un ligure di 52 anni). L’indagine, dopo i rilievi tecnici sull’incidente, è stata dirottata interamente sulla sicurezza interna al magazzino e soprattutto sulla preparazione del ragazzo – originario della Guinea Bissau, residente a Ferrara, al suo terzo giorno messo nel turno di notte e arrivato grazie a un’agenzia interinale – a quel tipo di mansione. Nei mesi scorsi è stata identificata tutta la filiera di appalti e subappalti, così come "i diretti superiori dell’infortunato" e "l’intera linea gerarchica senza limitarsi all’organigramma fornito dal datore di lavoro". Sono state poi assunte "informazioni sull’organizzazione del lavoro" con particolare riferimento al magazzino 9 di Sda Express Courier dell’Interporto. Un’indagine a 360 gradi che, secondo quanto trapela, ha portato il pm Michela Guidi a chiudere il cerchio e a iscrivere una serie di nomi ora al vaglio del procuratore capo Giuseppe Amato al quale, nelle prossime ore, spetterà la decisione sull’esercizio o meno dell’azione penale (i reati contestati riguardano sicurezza e materia di appalti). Tra le richieste della Procura ai carabinieri di Molinella e agli ispettori del lavoro dell’Ausl, anche quello di verificare se i lavoratori del magazzino "fossero formati e informati sui rischi e da chi". Chi abbia, poi, "organizzato il lavoro di Yafa la sera dell’infortunio nonché quant’altro di utilità per ricostruire le responsabilità".
Insomma, la morte di Yaya Yafa è stata un’orribile fatalità dovuta a circostanze uniche nella loro tragicità oppure ci sono delle falle nella sicurezza legate a un modus superficiale? E lui e i colleghi erano preparati ad affrontare ogni evenienza? Nonostante il suo arrivo da appena tre giorni, il carrellista faceva il turno di notte e nessuno gli aveva affiancato un supervisore. Inoltre, nessuno aveva avvertito il camionista della sua presenza dietro il mezzo pesante. E l’autista non avrebbe mai potuto, da solo, vederlo. Dov’era il piazzalista, addetto proprio al controllo delle operazioni di carico e scarico? Tutte domande a cui ora la Procura è pronta a dare precise risposte per fare quella "piena giustizia" chiesta dai familiari del ragazzo (rappresentati dall’avvocato Riccardo Caniato), ennesima vittima innocente in un luogo di lavoro.
Nicola Bianchi
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