Bologna, via libera alle ruspe. A giugno 2018 giù mezza Capannina

L’ordinanza del Comune è esecutiva da pochi giorni. Demolizione coatta

Una serata in Cappannina

Una serata in Cappannina

Bologna, 13 agosto 2017 - Giugno 2018. Il 3, per la precisione. Entro quella data la Capannina cambierà radicalmente volto: gli abusi edilizi saranno abbattuti e in piedi resterà solo la parte autorizzata e condonata che non stride con il vincolo paesaggistico che insiste sui Colli dal 1955. Se non cambieranno le cose, verrà giù praticamente la metà dell’attuale discoteca.

L’ultimo atto lo ha scritto un’ordinanza dirigenziale di rimessione di pristino del Comune il 20 luglio scorso, diventata esecutiva dal 3 agosto: gli uffici di Palazzo d’Accursio si sono dati tempo dieci mesi per abbattere gli abusi nel locale tra via San Vittore e via di Barbiano, e chiudere così la vicenda dopo che il proprietario della Capannina, Paolo Pazzaglia, non ha provveduto a farlo nei tempi prestabiliti. I costi della demolizione e la demolizione stessa (coatta), a questo punto, verranno sostenuti dal Comune che poi si rivarrà su Pazzaglia; i dieci mesi serviranno anche per la gara per la progettazione e la demolizione. Pazzaglia, però, ha già impugnato le ultime comunicazioni ricevute dal Comune, avviando un nuovo percorso davanti al Tar che potrebbe viaggiare di pari passo con una cospicua richiesta di risarcimento.

Un pasticciaccio che viene da lontano, dal 1985 quando la Giulia srl di Pazzaglia (società che detiene la discoteca) condonò una serie di abusi edilizi. Rispetto all’originario ristorante sui colli, infatti, acquistato nel ’74 dal re delle discoteche e del mattone, la Capannina era stata ampliata più volte per arrivare, con il tempo, a una superficie di circa 445 metri quadrati. Una parte interrata, più un piano sopra il livello stradale inserito nel bel parco vista colline: eccola qui la Capannina che ancora tutti conoscono. Ma pochi sapevano al tempo che su quell’area, come sul resto del lato sud della città, insiste dal 1955 un vincolo di tutela paesaggistica. Per condonare, in pratica, era necessario di base che i manufatti rispettassero i dettami dei regolamenti edilizi vigenti al tempo. Ma per condonare in una zona vincolata occorreva tenere presente anche quello, cioè sia la compatibilità con i regolamenti che con il vincolo stesso. Ed è su questo punto che il Comune è ‘caduto’, con 10 anni di distanza.

Un passo indietro. Nel 1985 Pazzaglia condonò tutti gli abusi rilevati. Il Comune rilasciò la concessione edilizia in sanatoria, che al tempo valeva anche come autorizzazione paesaggistica e questo passaggio bloccò l’ordinanza di demolizione del 1979 emessa dallo stesso Palazzo d’Accursio. Quell’anno, infatti, l’allora assessore all’edilizia Elio Bragaglia tuonò più volte sulla stampa contro quei manufatti abusivi, mentre i residenti del quartiere Colli invocavano l’arrivo delle ruspe per le demolizioni. Il condono dell’85 sembrò spazzare via il tutto. Ma solo all’apparenza. Nel 1995, infatti, la Soprintendenza bocciò l’autorizzazione paesaggistica perché le opere realizzate "per mole e collocazione deturpano in modo grave il quadro naturale di singolare bellezza panoramica costituito dall’area tutelata" e il Comune "non motiva il provvedimento di concessione in sanatoria".

Annullata l’autorizzazione, quindi, alla società non restò che la battaglia, persa sia al Tar che in Consiglio di Stato. A novembre, il Comune aveva riattivato l’ordinanza di demolizione del ’79, lasciando alla proprietà 90 giorni per eseguirla. Cosa che non è avvenuta, arrivando adesso alla demolizione coatta.

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