Bologna, 6 novembre 2020 - Capannina addio. La più nota discoteca della città – accucciata sui colli, in via San Vittore, dove hanno ballato tre generazioni di ragazzi – viene demolita a colpi di ruspa. "Muoiono così 48 anni di storia di questa città", afferma Paolo Pazzaglia – imprenditore e playboy – che nel 1974 acquistò il locale per 150 milioni di lire. Trasformandolo in breve nella discoteca vip, frequentata da star e starlette dello spettacolo. Le ruspe, in azione da lunedì, mettono fine a un braccio di ferro giudiziario fra il Comune e Pazzaglia duranto quarant’anni. Risale al 1979 la prima ordinanza del Comune, che intima la demolizione di una porzione abusiva della Capannina. Comincia una battaglia legale che si è trascinata fra ricorsi accolti poi respinti, impugnazioni, condoni, sentenze, appelli e minacce di richieste di danni milionari. "Il Comune abbatte la Capannina? E io chiedo 4 milioni di danni" Il 24 settembre scorso viene pubblicata l’ultima sentenza del Consiglio di Stato, pronunciata il 16 luglio. Una sentenza che i legali del Comune definiscono "tombale". I giudici – "definitivamente pronunciando" – ritengono "infondati" tutti gli appelli della proprietà e "destituite di fondamento" le questioni poste. "A questo punto – commenta Pazzaglia – visto che il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune e alla Soprintendenza, ho deciso di agire in proprio. Sto demolendo, in ottemperanza a un’ordinanza del Comune del 2017, che mi dava 90 giorni di tempo per eseguire". Le ruspe abbatteranno locali per circa 450 metri quadrati di superficie, quelli cioè giudicati abusivi. Ma la Capannina non morirà del tutto. Nella parte di struttura che rimarrà in piedi, spiega Pazzaglia, "sto progettando un bel ristorante, con un bar, una tensostruttura in giardino, il parco e la piscina". Il progetto prevede una cinquantina di coperti. "Il nuovo locale – annuncia Pazzaglia – si chiamerà Capannina 1972". Il ‘caso Capannina’ esplode nel 1979, pochi anni dopo l’arrivo di Pazzaglia. Ma l’inizio della vicenda risale a un decennio prima. Il primo ampliamento di quello che era l’ex Cral San Vittore viene chiesto – e concesso, con licenza provvisoria – nel 1966. La cosa si ripete l’anno dopo, e altre modifiche strutturali vengono realizzate fra il 1968 e il 1974. Nel 1979, però, il Comune annulla le licenze provvisorie, considera abusive le opere realizzate in una’rea di pregio ambientale – aumenti di superficie, lavori di sbancamento di terreno, ristrutturazioni interne – ed emana l’ordine di demolizione. Inizia a quel punto la battaglia legale che arriva ai giorni nostri. Nell’ottobre del 1985 la proprietà presenta un’istanza di sanatoria al Comune per "modifiche interne, varianti estetiche e ampliamenti". Il Comune rilascia la concessione in sanatoria, ma dieci anni dopo la Soprintendenza – cui sono stati trasmessi gli atti – boccia l’autorizzazione paesaggistica, visto che la zona è sottoposta a vincolo di tutela dal 1955. La querelle continua, con Tar e Consiglio di Stato che, una decina di anni fa, arrivano a conclusioni opposte. Né il Comune né Pazzaglia indietreggiano, e vanno avanti a colpi di carte bollate fino a oggi.vCon la demolizione "muoiono 48 anni di storia", afferma Pazzaglia. La Capannina – frequentata dal jet set della città, e non solo – è stata per decenni un locale rinomato in tutta Italia. Si facevano lunghe file, in attesa di entrare alle ‘mitiche’ feste organizzate da Pazzaglia.bFin da subito, scrive Gianni Leoni sul Carlino, "la Capannina se la giocava con la Fontanina, con il Guarany, con il Mundo de Noche, con il Yoker Jolly" e con gli altri locali cult della zona. Ora, come cantava Franco Califano, "la musica è finita". La legge non contempla nostalgie.