Bologna, caporalato ed estorsione. Nei guai i titolari di una ditta

Operazione dei carabinieri a Castello d’Argile dopo le proteste di 58 operai. Sequestrati beni e società per 600mila euro

L'operazione è stata portata avanti dai carabinieri

L'operazione è stata portata avanti dai carabinieri

Castello d’Argile (Bologna), 6 dicembre 2019 – E’ di due arresti e un obbligo di dimora il bilancio dell’operazione contro il caporalato condotta dai carabinieri e coordinata dalla Procura di Bologna in relazione all’operato dei responsabili di una ditta metalmeccanica di Castello d’Argile. L’attività investigativa, che rientra nell’ambito delle indagini che la Procura sta da tempo attivando con il gruppo specializzato, condotta dal nucleo operativo della compagnia di San Giovanni in Persiceto assieme al nucleo investigativo del reparto operativo e al nucleo ispettorato del lavoro di Bologna, nasce da una protesta sindacale che alcuni lavoratori pakistani avevano inscenato, nel luglio 2018, davanti alla ditta in questione. Alcuni dipendenti dell’azienda, che effettuava le lavorazioni di oggetti manufatti in gomma per ricambi auto per conto di altre realtà, lamentavano in particolare: mancanza di un contratto di lavoro regolare; stipendi dimezzati a causa di parziali restituzioni al datore di lavoro del denaro percepito; orari superiori a quelli previsti dal contratto nazionale; di essere stati minacciati di licenziamento qualora non si fossero adeguati a tale regime. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Antonello Gustapane, hanno permesso di acquisire elementi utili per supportare le ipotesi di reato rispetto alle condotte di tre pakistani nei confronti di 58 loro connazionali per sfruttamento del lavoro ed estorsione. In particolare, i lavoratori erano costretti a pagare ai tre denaro per ottenere una busta paga e regolarizzare il loro permesso di soggiorno, a restituire parte degli emolumenti, a sottostare a turni di lavoro irregolari (pena il licenziamento) e a lavorare in condizioni igienico sanitarie precarie, nonché in violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Oltre alle misure cautelari applicate nei confronti dei tre indagati il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, Alberto Gamberini, ha disposto il sequestro delle società e dei beni riconducibili agli indagati per un valore complessivo pari a circa 600mila euro e ha nominato un amministratore giudiziario.

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