Ilaria Capua: "Il Covid tirerà ancora qualche calcio"

La virologa: "Non scomparirà e verranno fuori nuove varianti, ma adesso gioca contro persone armate. Non siamo più a mani nude"

La professoressa Ilaria Capua, 55 anni, lunedì sarà a Bologna (foto Isabella Balena)

La professoressa Ilaria Capua, 55 anni, lunedì sarà a Bologna (foto Isabella Balena)

Bologna, 12 febbraio 2021 - L’eredità della pandemia: è il tema al centro dei pensieri di Ilaria Capua. La virologa, direttrice del Centro di eccellenza One Health dell’Università della Florida, sarà sotto le Due Torri per iniziare il tour di presentazione del suo ultimo libro, ‘La meraviglia e la trasformazione. Verso una nuova salute circolare’ (Mondadori).

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Professoressa Capua, perché ha scelto Bologna?

"È una città che conosco bene, viva, con la mente aperta, dinamica, quindi la comunità si può interrogare su quello che stiamo vivendo, sulla destabilizzazione e lo spazio creato dentro di noi per un nuovo tipo di relazioni. E io ho scritto concentrandomi sul futuro. Qui, inoltre, ho amici molto cari. L’appuntamento di lunedì, in presenza, è il primo da quando il Sars-Cov-2 si è manifestato". L’incontro è in programma in biblioteca Salaborsa dalle 18.

Che cosa ci insegna il Covid?

"Ho individuato tre fasi, dopo lo stupore iniziale che ha colto tutti, ora siamo come in un solco, dove si innescano pensieri che, se elaborati, si impastano con una voglia di nuovo. Così, da qui potrà partire una spinta ascensionale che, per esempio, porterà alcuni a cambiare lavoro, altri a sposarsi o a trasferirsi in un Paese diverso. Come semi che producono le piante".

Quindi, è questa la sfida della pandemia?

"Sì. Le pandemie sono eventi che cambiano: o ci si impigrisce, ci si chiude, oppure si capisce che il Covid è una voce che ci parla del nostro rapporto con gli altri esseri viventi, animali e piante. Non siamo soli sulla Terra, ma ci sono anche altri coinquilini. Il bene unico di cui non possiamo fare a meno è la salute e se vogliamo tutelare noi stessi, dobbiamo considerare l’intero sistema, per questo parlo di salute circolare. La strada che sceglieremo adesso, definirà il mondo nel quale vivranno i nostri figli".

La quarta ondata è in ritirata, ma il virus ci abbandonerà?

"No, ci dovremo convivere e ogni tanto tirerà qualche calcio, verranno fuori nuove varianti, ma noi ora non siamo più a mani nude, siamo attrezzati", risponde la docente, che per oltre trent’anni ha guidato gruppi di ricerca a livello internazionale, lavorando sulle infezioni virali trasmissibili dagli animali all’uomo e sul loro potenziale pandemico.

La nostra protezione è il vaccino?

"Certamente, ma non solo. Le persone ormai sanno che cosa devono fare per essere riparate dal Covid: usare le mascherine, fare il tampone se si è stati a contatto con un positivo, evitare gli assembramenti, igienizzare le mani e usare le mascherine. Non c’è altro da sapere, oltre al vaccino abbiamo anche i monoclonali e gli antivirali. Il virus sta giocando contro persone armate. Ora bisogna parlare di meno e applicare di più le norme".

A proposito di mascherine, da ieri non è più obbligatorio indossarle all’aperto, pensa che le useremo ancora a lungo?

"Bisogna essere flessibili. Se in aereo ho accanto persone provenienti da tutto il mondo, io indosso la mascherina. Anche la flessibilità è un insegnamento della pandemia. Pensiamo allo smart working: mi auguro che almeno in parte si possa proseguire con questa modalità lavorativa, un tempo impensabile, e che invece ha un beneficio anche sui trasporti. I cambiamenti sono profondi".

Pensa che cambierà anche la sua vita?

"La pandemia mi ha mosso dentro – ammette la ricercatrice –, l’ho vissuta e l’ho raccontata e ora ho bisogno di riflettere e di rimettere in ordine le priorità. Mi prenderò uno stacco di un anno e passerò più tempo in Europa, vicino alla mia famiglia".

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