La morte del cardinale, dai gay alla statuetta di Moana. Così Caffarra scuoteva la città

Le prese di posizione del cardinale: nel 2009 sfrattò i musicisti omosessuali da una parrocchia

Carlo Caffarra aveva 79 anni

Carlo Caffarra aveva 79 anni

Bologna, 7 settembre 2017 - Gay, divorzio, profughi. Negli anni alla guida della diocesi bolognese, sono state innumerevoli le prese di posizione ferme e nette del cardinale. Correva l’anno 2009 quando esplose il caso Komos, il coro omosessuale che aveva trovato ospitalità per le prove settimanali in un salone della parrocchia di San Bartolomeo della Beverara. Reduce da problemi d’acustica e da dissapori con l’Arcigay locale, il coro bussò in parrocchia, ma la convivenza durò poco: in pieno agosto, con una lettera al parroco della Beverara, l’arcivescovo Caffarra (FOTO) ricordò dell’esistenza di un documento della Congregazione per la dottrina della fede sugli omosessuali datato 1986. L’esito, scontato, fu la fine immediata delle prove di canto, senza che pubblicamente aggiungesse null’altro il cardinale.

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Era il dicembre 2006, invece, quando l’arcivescovo tuonò contro il presepe allestito al primo piano di Palazzo d’Accursio dall’artista Wolfango Peretti Poggi. Il casus belli fu una statuina in terracotta che l’artista inserì nella natività: Moana Pozzi, raffigurata nuda e inseguita dalla morte a cavallo. La visita – e la benedizione – del vescovo fu in forse fino all’ultimo, la città si divise mentre l’amministrazione Cofferati si trincerò dietro un no comment. Alla fine, puntuale, Caffarra si presentò nel cortile, per inaugurare il presepe là installato dall’artista Nicola Zamboni, poi risalì in auto e se ne andò.

Di certo non temeva nulla, Caffarra, nemmeno la procura. Come la volta che, nel 2007, il procuratore capo Enrico Di Nicola archiviò l’inchiesta per vilipendio relativa allo spettacolo ‘La Madonna piange sperma’. La pièce comparve quell’anno nel calendario di Vicolo Bolognetti. Al caso politico seguì il fascicolo penale, archiviato perché «l’offesa alla Madonna non è una bestemmia perché la Vergine non è una divinità», scriveva Di Nicola nelle motivazioni. La procura «faccia il suo mestiere, non si erga a maestra di fede», fu la sentenza della diocesi di Caffarra, tuonando come una scomunica.

La guida del cardinale fu a 360 gradi. Come nel 2011 quando, in vista delle elezioni amministrative, inviò lettere a tutti i parroci della diocesi ricordando loro di «rimanere completamente fuori dal dibattito e dall’impegno politico pre-elettorale», astenendosi «assolutamente dallappoggiare qualsiasi partito o schieramento o candidato sindaco», perché lo impone la «natura stessa del nostro ministero». E ancora fu netto, nel 2014, schierandosi contro l’eucarestia ai divorziati risposati: «Se la Chiesa ammette all’eucarestia, deve dare comunque un giudizio di legittimità alla seconda unione. È logico. Ma allora che ne è del primo matrimonio?». Più di recente, fu il tema dei profughi a vederlo coinvolto. Nel 2015 Papa Francesco invitò da aprire le parrocchie ai migranti, Caffarra ne corresse subito il tiro, fissando paletti, perché quella delle parrocchie «non sarà una accoglienza emergenziale di persone appena arrivate».

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