Carlo Dall'Omo morto, Bologna piange il prof delle Aldini

La figlia: "Viveva per la scuola". Un minuto di silenzio in Consiglio comunale. Martedì 15 il funerale in Certosa

Carlo Dall’Omo

Carlo Dall’Omo

Bologna, 14 ottobre 2019 - Ciao, prof! L’anima delle Aldini Valeriani si è spenta all’improvviso. Un male rapace, sabato mattina, ha portato via Carlo Dall’Omo. E il Consiglio comunale su invito della vicesindaco Marilena Pillati gli riserva un minuto di silenzio. “Siamo frastornati” sono le parole che più rimbombano lungo i chilometrici corridoi di via Bassanelli che Carlo (come lo chiamavano tutti ad eccezione degli studenti per cui era prof) ha percorso ogni giorno per decenni.

“Viveva per le Aldini”, ricorda la figlia Sara. Bolognese doc, Carlo, 80 anni a giugno, lascia la moglie Luciana, i figli Sara e Lorenzo con la moglie Katia e gli amatissimi nipoti Emanuele e Luca. Domani, martedì 15, in Certosa, alle 14.45, la camera ardente e alle 15.45 la messa.

Sempre nell’ombra (non amava la prima fila né tanto meno i riflettori), Carlo ha contribuito in prima persona a costruire le Aldini di oggi. Instancabile, lui era sempre lì. Il suo indirizzo ufficiale era l’ufficio al primo piano a un tiro di schioppo dalla presidenza e con la porta aperta. Peccato che lui, in quella stanzetta, ci stesse poco e niente. Cercare di placcarlo lungo i corridoi era lo sport principale di chi gli dava la caccia. Era tutto un ‘L’ho appena visto’; ‘E’ appena passato’.

A tutti rispondeva: consigli, suggerimenti o anche rabbuffi. Aveva un sorriso gentile, il prof, ma non per questo era morbido. Quando doveva domare il turbolento popolo aldiniano gli bastava un cenno. Mai un tono sopra le righe.  

Carlo, le Aldini, le adorava. E lì ha vissuto tutta la sua vita professionale e anche umana: il figlio Lorenzo e il nipote Luca hanno studiato meccanica lì tra quei muri dove all'epoca Dall'Omo era vice preside. E non è stata certo una passeggiata di salute.

Alle Aldini, Carlo è entrato da studente nel 1954 indirizzo meccanica. Diplomatosi nel 1961, dopo il militare e una breve esperienza lavorativa, ritornò nella sua scuola nel 1963 da insegnante. Nel 1978, divenne vice preside e lo fu fino al 2006 quando il Comune, allora padrone di casa delle Aldini, gli scrisse una cortese letterina per annunciargli la meritata pensione. Giammai. Dopo il festone dei colleghi, Carlo era di nuovo lì. Al primo piano. Un passo dietro ai presidi per risolvere, progettare, programmare. Nell’ombra ha guidato il passaggio delle Aldini allo Stato voluto dal sindaco Cofferati.

Manutenzione edificio, dislocazione aule, organigramma, rapporti con aziende e soprattutto memoria storica. Carlo era tanto, era tutto per la sua scuola. Un incanto sentirlo raccontare delle Aldini in via Castiglione nell’ex chiesa di Santa Lucia per non parlare del trasloco negli anni ’70 in via Bassanelli dove ti mostrava quei laboratori unici. E gli occhi gli brillavano. Dalle 7 di mattina alle 7 di sera era sempre in via Bassanelli.

“Dall’Omo – ha ricordato Pillati che lo ha incontrato casualmente questa estate in ospedale – era una figura di riferimento per le Aldini. Giovanni Sedioli, a cui lo legava un rapporto di grande stima e amicizia, raccontava che dietro a ogni progetto, iniziativa, idea sviluppata dai vari presidi con cui ha collaborato c'è stata la sua grande capacità organizzativa e attuativa. Era un mago della organizzazione degli spazi e delle attrezzature, la logistica dell’istituto era "cosa sua".

I colleghi docenti gli hanno sempre riconosciuto il merito di avere protetto il loro lavoro”. Dall'Omo “c'era per tutti, a patto che non avesse sentore che si prendesse sottogamba il proprio impegno lavorativo o scolastico. Era una persona a cui la scuola non poteva rinunciare: leale, dedito al lavoro, con un consenso vastissimo fra i docenti”. 

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