Casaroli e i suoi fratelli: il crimine è di scena

Apre la mostra ’Criminis Imago’ all’Oratorio di Santa Maria della Vita. La storia nera bolognese nelle fotografie di Walter Breveglieri e Paolo Ferrari

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di Pierfrancesco Pacoda

Le atmosfere sono quelle, molto cinematografiche, evocate dalla pagine delle Pulp Fiction, le riviste di narrativa noir americana della prima metà del Novecento, ma in una versione ‘locale’, che ne rende la percezione, se possibile, molto più drammatica. Perché di storie vere, di crimini autentici, di casi di cronaca nera che hanno scosso le coscienze e appassionato l’opinione pubblica, racconta l’esposizione Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna curta da Genus Bononiae che, nell’Oratorio di Santa Maria della Vita (via Clavature 810), mette in scena, attraverso gli scatti di Walter Breveglieri e Paolo Ferrari, entrambi fotografi per il Resto del Carlino, 50 anni di crimini e processi a Bologna.

Immagini che, in un crudo realismo in bianco e nero, diventano un pretesto per far rivivere vicende che hanno condizionato fortemente il tessuto sociale della nazione – dalla Uno Bianca al periodo stragista del 2 agosto e dell’Italicus – e che fanno riemergere casi dai risvolti ancora misteriosi, come la lunga scia di delitti (il più noto quella della docente e critica d’arte Francesca Alinovi), che la stampa definì ‘I delitti del Dams’, perché legati in maniera diversa al corso di laurea. In mezzo il tormentato periodo dei sequestri di persona, che qui colpì esponenti di famiglie famose, come Patrizia Bauer nel 1984, la contessina Ludovica Rangoni Machiavelli nel 1983 (poi rilasciate) e come Eugenio Gazzotti e Alessandro Fantazzini, rapimenti dall’epilogo tragico.

Punto di partenza le imprese della Banda Casaroli, rapine a mano armata compiute nel 1950, cui seguì una serrata caccia da parte delle forze dell’ordine, con molti morti e il suicidio di due componenti del gruppo. Impresa alla quale nel 1962 il regista Florestano Vancini dedica un film con Renato Salvatori, dove Breveglieri, che aveva seguito da reporter le azioni della banda, lavora come fotografo di scena.

La mostra, che è curata dal Procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato e dal coordinatore dell’Archivio artistico Genus Bononiae, Marco Baldassari, è stata resa possibile grazie alla disponibilità dell’archivio Breveglieri (il fotografo è scomparso nel 2000), acquisito dalle Edizioni Minerva e dell’archivio Paolo Ferrari donato a Genus Bononiae.

I due fotografi ci portano, con le loro foto, sulla scena dei delitti, ci fanno diventare partecipi dei grandi dibattiti che suscitarono allora, rievocano figure che all’epoca dei fatti monopolizzarono le pagine dei giornali, facendo dei processi, in una società certo meno mediatica di quella di oggi, dei grandi avvenimenti sul cui giudizio il paese si divideva. Scorrono le immagini che Breveglieri dedicò all’ambasciatore Ettore Grande, accusato di aver ucciso la consorte a Bangkok, prima condannato, poi assolto a Bologna in Assise, e quelle che documentano il processo a Rina Fort, accusata dell’omicidio della moglie e dei tre figli del suo amante. Mentre Ferrari indaga con il suo obiettivo, sul brutale assassinio di Francesca Alinovi nella sua abitazione e restituisce l’angoscia della città il 2 agosto 1980, il giorno della strage alla Stazione e nel periodo di terrore per le scorribande dei fratelli Savi della Uno Bianca.

Impreziosisce l’esposizione il catalogo (Edizioni Minerva), con testi, tra gli altri, di Carlo Lucarelli e l’introduzione di Fabio Roversi-Monaco, presidente di Genus Bononiae.

Info: aperta dal martedì alla domenica, 10-19 fino al 10 gennaio. Una sezione con i mezzi in dotazione in passato alle forze dell’ordine, tra cui una Fiat Topolino del 1939 e una Alfa Romeo Giulietta del 1961, è visitabile nella corte di Palazzo Pepoli.

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