Casini chiama a raccolta il mondo Dc "Correre col Pd è atto di coerenza"

Il senatore dialoga con Galletti e Andreatta e fa appello agli indecisi. Poi incassa l’appoggio di Prodi

Pier Ferdinando Casini

Pier Ferdinando Casini

di Rosalba Carbutti

"Capisco che la politica non entusiasmi, ma la soluzione per avere qualcosa di meglio non è stare a casa, ma andare a votare". Pier Ferdinando Casini, candidato al Senato per il centrosinistra alle prossime Politiche, ha chiamato a raccolta il ‘suo’ mondo in una convention all’hotel Savoia Regency al fianco dell’ex ministro Gian Luca Galletti e del politologo Filippo Andreatta. Una platea di 300 persone, tanti ex Dc, amici e colleghi di una vita. Ci sono l’ex ministro Piero Gnudi, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Alessandro Alberani, Giancarlo Tonelli di Ascom. Nel pubblico anche l’ex vice sindaco di Guazzaloca Giovanni Salizzoni, la storica bandiera della Virtus Renato Villalta, l’ex provveditore Paolo Marcheselli e l’ex consigliera regionale Udc Silvia Noè. Ma ci sono anche la consigliera regionale dem Marilena Pillati, l’imprenditore Gaetano Maccaferri, i consiglieri Filippo Diaco e Gian Marco De Biase, l’ex sindaco di Castenaso Stefano Sermenghi e Lanfranco Massari (Confcooperative). A distanza arriva anche l’assist di Romano Prodi che, in tv, cita il Vangelo di Luca: "Casini lo voterò volentieri anche perché si fa più festa in cielo per un peccatore pentito che per cento giusti...".

Il senatore centrista, dalla sua, spiega "le ragioni di una candidatura" col Pd, "senza imbarazzo", anche se – ammette– so che "molti che sono qui non vengono da una storia vicina alla sinistra. Ma il muro di Berlino ormai è caduto da più di 30 anni: le sfide sono diverse e anche le risposte". Il mantra, però, è chiaro. E ripetuto più volte: "Correre col Pd è l’atto più coerente che si possa fare in questo momento per un uomo che ha a cuore l’Italia. Certo, non l’avrei fatto in una città che non fosse Bologna. L’ho detto chiaramente a Letta...".

Casini sintetizza: si tratta di una scelta tra responsabilità e irresponsabilità, a partire dalla caduta di Draghi voluta dagli "apprendisti stregoni Conte, Salvini e Berlusconi".

Il senatore centrista, però, non evoca il fascismo in relazione alla possibile vittoria di Giorgia Meloni: "Io non vedo un rischio fascismo, la storia è passata e non si ripete. Ciò che vedo è un rischio sfascismo", dice ricordando che il "centrodestra conosciuto nel passato non esiste, ora c’è una destra che guarda a Orban e Vox. E il centro, anche numericamente, è irrilevante". Ma non solo. Casini agita lo spettro di un governo "connotato da dilettantismo", sottolineando di non aver votato per la riduzione dei parlamentari, "una concessione intollerabile alla demagogia". Partono gli applausi, mentre Galletti invoca "l’unità" tra imprese, lavoro e terzo settore. Da qui, l’indicazione di voto all’amico Casini: "La cultura cattolica, moderata e democristiana a cui appartiene sa unire". Il senatore centrista ringrazia e dettaglia la ’sua’ agenda, sovrapponibile a quella del Pd: dal reddito di cittadinanza che si può tenere, ma va riformato al rigassificatore di Ravenna, che in linea con Stefano Bonaccini, va fatto. Difende Enrico Letta sulle alleanze, mentre critica il programma del centrodestra, dalla flat tax "irrealizzabile" al blocco navale voluto da Meloni, fino al presidenzialismo definito "specchietto per le allodole". Se, infatti, "la destra vincesse le elezioni", userebbe questo argomento "in momenti difficili per buttare la palla in tribuna spiegando che non hanno i poteriperché non c’è l’elezione diretta del presidente della Repubblica", insiste il senatore centrista.

Infine, due parole su Bologna: "Certo, non è un’isola felice. Come non lo è neanche l’Emilia-Romagna. Ci sono un sacco di problemi, ma si sta meglio che in altri posti...". Prima dei brindisi, punge lo sfidante Vittorio Sgarbi (che lo attacca un giorno sì e un altro pure): "Ha solo il 5% delle presenze in Parlamento. Io invece ci sono sempre per votare. Questo conta qualcosa? Volete mandare in Aula qualcuno che ci va davvero?", la frecciata. E nel ricordare che la sfida all’uninominale è tra "me e Sgarbi", respinge l’invito di Marco Lombardo (Terzo Polo) a un confronto tv.

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