Caso Davide Ferrerio, la sentenza della Corte d’appello spazza via i dubbi: fu tentato omicidio. Ieri, Anna Perugino, considerata la ‘mandante’ della spedizione punitiva contro il giovane bolognese massacrato a 22 anni mentre era in vacanza a Crotone per un tragico scambio di persona, è stata condannata a 12 anni per concorso in tentato omicidio. Condannato a cinque anni anche il suo compagno Andrej Gaju. Una condanna più pesante rispetto a quella inflitta in primo grado dal tribunale di Crotone che aveva derubricato l’accusa in concorso anomalo in lesioni gravissime, infliggendo una pena di 8 anni.
Davide, da quella sera, è in coma irreversibile: sopravvive attaccato alle macchine, in ospedale. Fu Nicolò Passalacqua, di 25 anni, ad aggredirlo: per lui, con la pronuncia della Cassazione del 26 febbraio scorso, è diventata definitiva la condanna a 12 anni e 8 mesi di reclusione inflitta in appello. Passalacqua aveva scambiato Ferrerio per colui che corteggiava sotto falso nome sui social la ragazza all’epoca minorenne di cui era innamorato, Martina Perugino, la figlia di Anna. Per l’accusa, l’idea della “spedizione punitiva“ ai danni del corteggiatore fu della madre della ragazza.
"Piena coerenza tra ciò che è stato accertato relativamente a Passalacqua e ciò che ne è derivato per i suoi concorrenti, la rubrica è stata modificata e riportata com’era all’inizio – sottolinea l’avvocato Gabriele Bordoni, che con il legale Fabrizio Gallo assiste i familiari –. E c’è coerenza perché è stata Perugino a innescare il meccanismo andando a incentivare e accalorare Passalacqua perché facesse tutto quello che ha fatto". La famiglia di Davide, però, non può trovare pace: "Come per Passalacqua, non c’è nessuna sanzione che possa restituire alla vita reale quel ragazzo – fa notare Bordoni –. L’unica risposta che poteva dare la giustizia era una risposta che riconciliasse la lettura giuridica ai fatti, non riducendo l’accaduto a una bravata, ma ravvisando in Passalacqua un tentato omicida e quindi nei suoi concorrenti dei complici in un reato di quella gravità".
Perugino, quella sera, aveva organizzato una spedizione per scoprire chi fosse l’uomo dietro un profilo social attraverso cui faceva la corte alla figlia Martina. Così, con il compagno Andrej Gaju, alcuni parenti e Passalacqua, era andati davanti al tribunale dove aveva dato appuntamento al misterioso corteggiatore. L’uomo, che le indagini hanno rivelato poi essere un 34enne di Petilia Policastro, era andato a quell’appuntamento ma, dopo aver incrociato il gruppo di Perugino, ha capito che era un trappola e si è defilato. Poi, aveva inviato un messaggio alla ragazza, le diceva di indossare una camicia bianca per depistare le attenzioni. Subito dopo, la tragedia. In quel momento in via Veneto passava Davide: stava andando a mangiare una pizza con gli amici. E indossava proprio una camicia bianca. Passalacqua, senza dargli il tempo di spiegare, lo ha aggredito con un pugno che lo ha fatto cadere violentemente a terra. Per la vicenda era stata processata anche Martina Perugino e per lei era stata disposta la messa in prova per due anni. Invece per il 34enne era stato disposto il non luogo a procedere: si attende la decisione della Cassazione dopo che la sentenza di proscioglimento è stata impugnata dalla famiglia Ferrerio. "Finalmente un giudice a Catanzaro ha dato giustizia a una famiglia distrutta dal dolore", le parole dell’avvocato Gallo dopo la sentenza.