Caterina Caselli al Duse di Bologna. "Il mio talento? Ascoltare gli altri e sostenerli"

Grande successo per la seconda serata della rassegna 'Penso che un sogno così non ritorni mai più', organizzata per la mostra 'Noi…Non erano solo canzonette'

Caterina Caselli sul palco del Duse (foto Schicchi)

Caterina Caselli sul palco del Duse (foto Schicchi)

Bologna, 13 febbraio 2020-. Una potenza. Caterina Caselli (video) sul palco del Teatro Duse incanta il pubblico. "Si deve capire l’unicità dell’artista, non basta dire a qualcuno che ha una bella voce", dichiara. E la sua unicità l’ha capita bene chi ieri, sotto al palco, non ha fiatato per tutto lo spettacolo. La cantante, discografica e manager della Sugar Music è stata ospite della secondo appuntamento del ciclo  Penso che un sogno così non ritorni mai più, organizzato dall’associazione ‘Incontri esistenziali’, in collaborazione con il Resto del Carlino per la la mostra Noi…Non erano solo canzonette, in svolgimento a Palazzo Belloni sino al 12 aprile, con il sostegno di Illumia e Bper Banca.

SPECIALE / La mostra a Palazzo Belloni

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Ad aprire il sipario Michele Brambilla, direttore QN-il Resto del Carlino: "Abbiamo fra di noi un mito assoluto della storia della canzone italiana", l'ha presentato. Ed ecco Caterina Caselli arrivare sul palco, con una gonna rosso fuoco e un sottofondo di applausi scroscianti. Sul palcoscenico, assieme a lei, Jill Vergottini, il professor Giovanni De Luna, l’imprenditore Giacomo Frigerio, il giornalista Oscar Giannino e, a condurre il tutto, l’ideatore del ciclo Massimo Bernardini. Tema della serata la musica e la società dagli anni ’60 fino ad oggi, di cui l’ospite d’onore, Caterina, è stata "l’interprete del grido liberatorio", commenta De Luna.

Si parte dal Palco di Sanremo. Un video di "Nessuno mi può giudicare" del 1966, Caterina Caselli (foto) aveva appena 19 anni. "La canzone non era stata scritta per me - confessa Caselli -, ma per Adriano Celentano. Poi, per mia fortuna, Adriano scrisse 'Il ragazzo delle via Gluck’, così l’altra canzone rimase senza interprete. Gli autori mi dissero che avevano un pezzo forte, proprio per me, anche se sapevo che non era vero. Ma era un tango e non la sentivo mia. Così, anche se non volevo cantarla, io e il mio gruppo venimmo a Bologna e provammo la canzone a porte chiuse, invitando solo un gruppo di studenti: quei ragazzi impazzirono e mi dissero ‘Vai, uccidi'". È su quel palco di Sanremo del ’66 che nasce ‘il casco d’oro’: Caterina si presentò con un'acconciatura bionda a caschetto, ideata appositamente per lei dagli stilisti Vergottini, meritandosi il soprannome che l'accompagnerà per tutta la carriera.

La serata è continuata i ricordi della sua adolescenza, della Londra degli anni ’60 e del suo basso, con cui anche ieri sera condivideva il palco: "La mia vera vocazione - continua Caselli - credo sia quella di ascoltare gli altri e sostenerli: il basso fa questo, sostiene". E infatti lei, che ora è manager della Sugar Music, ricorda il programma ‘Diamoci del tu’, che presentava con Giorgio Gaber, nel quale invitò a cantare, per la prima volta, Francesco Guccini: "Nel tempo scoprii quello che è stato un caso - commenta Caselli -, quando cercai la prima volta di portare Guccini in televisione. Una sorta di vocazione e da lì ho capito che volevo fare da gradino per qualcun altro e fare quello che avrei voluto che gli altri avessero fatto per me. Così è stato anche quando ho incontrato per caso Andrea Bocelli. Dopo l’incontro, ricordo di essere tornata a Milano e aver telefonato a un compositore per chiedergli una canzone che avesse la possibilità di esprimere l’ampio registro vocale di Andrea: mi portò quella che ora è ‘Il mare calmo della sera'".

Continuano a scorrere i video della sua carriera musicale e Caterina Caselli si guarda, canticchia a bassa voce e non trattiene qualche accenno di balletto. "Scegliere la direzione per un artista non è facile - conclude Caselli -. Si tende a pensare chi ha una gran voce possa fare tutto. Non è così. Bisogna capire l’unicità dell’artista, la personalità. E tutto questo arriva con il tempo, parlando anche con il pubblico e vedendone la reazione. Fa parte del conoscersi, perché non ti conosci".

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