
Gilberto Cavallini ai tempi del processo d’appello (1993) e oggi (riquadro)
Strage del 2 agosto, domani l’udienza davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Bologna per l’ex terrorista Nar Gilberto Cavallini: nell’incidente di esecuzione, si deciderà se applicare l’isolamento diurno al 73enne (ora in regime di semilibertà nel carcere di Terni) come richiesto dal sostituto procuratore generale Antonietta Di Taranto. In carcere dal 1983, sta scontando nove ergastoli. Nel gennaio scorso, la pronuncia della Cassazione con cui è diventata definitiva la condanna all’ergastolo di Cavallini per concorso con gli altri ex Nar, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini nella strage alla stazione: è stato ribadito che fu Cavallini il quarto uomo del massacro in cui morirono 85 persone e oltre 200 rimasero ferite, e sempre lui rappresentò ‘il ponte’ tra destra eversiva e Servizi deviati. Domani si vedrà se sarà accolto l’isolamento diurno – e in questo caso sarà revocata la semilibertà – o se ci sarà il rigetto da parte della Corte – e quindi il mantenimento della misura. "Questa volta, è una questione di civiltà – sottolinea l’avvocato Gabriele Bordoni, che assiste Cavallini con l’avvocato Alessandro Pellegrini –. Al di là di tutte le questioni tecniche, c’è un problema di metodo. Cavallini, infatti, per i fatti commessi è stato giudicato e condannato all’ergastolo e lui non ha mai fatto questioni salvo che per l’ultima condanna, professandosi estraneo alla strage. Ma, essendo sottoposto a questa lunghissima carcerazione, e avendo svolto un percorso di risocializzazione e di revisione critica, ammettendo di aver ucciso delle persone in maniera barbara e ingiustificabile, si è guadagnato ‘sul campo’ la fiducia della magistratura di sorveglianza, che lo ha ammesso da anni alla semilibertà, misura che peraltro lui sta eseguendo con il massimo rigore. A questo punto, sarebbe una retrocessione del percorso rieducativo, che è il fine a cui tende la pena, solo per il ritardo incredibile dello Stato che gli vorrebbe applicare l’isolamento diurno con 40 anni di ritardo e senza nemmeno avere certezza che non lo abbia già scontato, come noi sosteniamo".
E perché dopo 40 anni? Il punto è che, oggi, non è possibile stabilire con certezza se Cavallini abbia svolto o meno l’isolamento diurno che gli era stato comminato nel 1991. "Mentre infatti il carcere di Terni risponde che dai loro atti non risulta che l’abbia espiato, le strutture carcerarie di Opera e di Voghera non possono attestarne l’avvenuta esecuzione ma neppure, per converso, escluderla", sottolineano i difensori. Le cose sono due, spiega Bordoni: "O lui è stato in isolamento diurno in passato e quindi siamo di fronte solo a un difetto di documentazione oppure, se anche si sostiene che non l’abbia fatto, ormai si è prescritto come tutte le pene. Se venisse applicato ora, magari per la seconda volta, sarebbe calpestare l’articolo 27 della Costituzione". Nella memoria depositata dagli avvocati, si legge che il problema, "certamente delicatissimo, la cui soluzione, alla quale è chiamata la Corte, è in grado di aprire uno squarcio epocale nella storia penale del nostro Paese, mettendo in discussione l’affidabilità di tutti i documenti pubblici afferenti l’applicazione ed esecuzione delle pene che diverrebbero passibili di rilievo" va considerato alla luce del fatto che "l’isolamento diurno deve trovare immediata esecuzione non appena la sentenza di condanna diviene irrevocabile".