Omicidio di Chiara Gualzetti, il giallo del movente e tutte le chat cancellate

Nuovi interrogatori, sentito ancora il papà della vittima. I messaggi fatti sparire dal killer prima di essere sentito in caserma

Omicidio di Chiara Gualzetti

Omicidio di Chiara Gualzetti

Bologna, 6 luglio 2021 - Il movente. Eccolo l’ultimo tassello che manca all’appello. Il perché, cioè, Chiara Gualzetti, 15 anni appena, è stata uccisa. Omicidio premeditato, aggravato dai futili motivi: questo il capo d’accusa che pesa sulla testa dell’aguzzino della giovanissima di Monteveglio. Pochi mesi più di lei, un’amicizia nata sui social, un mese da stagista come elettricista sul furgone di Vincenzo Gualzetti, papà di Chiara, e qualche pranzo nella loro abitazione in via dell’Abbazia. "Tutti gli stagisti di Enzo – ricorda Giusi, la moglie – una volta si sono fermati da noi". Così anche chi, domenica 27 giugno, ha attirato in trappola Chiara per poi strapparle il sorriso. "Sulla premeditazione – spiega l’avvocato Giovanni Annunziata per la famiglia Gualzetti – credo non vi siano dubbi. A partire dal messaggio inviato il sabato a Chiara, fino all’arrivo a casa sua con il coltello dentro lo zaino".

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Chat cancellate. Ci vediamo domani alle 9.30, le aveva scritto la sera prima. Poi l’arrivo in bici, pedalando per quella manciata di chilometri che separano l’abitazione di Chiara dalla sua, con in spalla lo zaino e quella maledetta lama nascosta. All’orario stabilito, i due verranno ripresi dalle telecamere dei Gualzetti: lei che le corre incontro, lo abbraccia, gli accarezza i capelli, poi a piedi verso l’Abbazia. Pochi minuti più tardi la morte e i tre vocali inviati, di corsa giù dalla collinetta con il corpo di Chiara esanime abbandonato tra gli arbusti, ad un’amica: l’ho fatto. Non solo.

Altri messaggi deliranti sono stati inviati ad altri coetanei, chat che però sono state cancellate dal sedicenne poco prima di andare per la prima volta in caserma. I carabinieri della Compagnia di Borgo Panigale, infatti, sono arrivati subito a lui, ’accompagnati’ dal ricordo di mamma Giusi, l’ultima a vederli camminare verso l’Abbazia. Prima di essere sentito la prima volta, ecco la decisione di ripulire lo smartphone pensando di farla franca. "Lunedì dopo pranzo – racconta la nonna del ragazzo – l’ho visto a letto. Mi sono avvicinata, ho cercato di parlargli". Perché già su di lui e su quei messaggini ’spariti’ correvano varie voci in paese. "Gli ho detto: ma lo sai vero che anche dopo 15 anni la Postale le trova?". La risposta fredda e spaccona: "Buon per loro". Ci hanno pensato i carabinieri, poco dopo il sequestro del telefono.

Il movente. Ieri, intanto, sono continuati gli interrogatori di amici e parenti dei due ragazzi per approfondire il perché dell’orrore. Ad aiutare gli inquirenti è stato chiamato ancora una volta Vincenzo, il papà di Chiara. "Pochi minuti – spiega lui –, solo per alcune precisazioni". Per capire il rapporto tra Chiara e il suo aguzzino, che durante la confessione ha spiegato che "lei mi stava addosso". "Mi infastidiva" con qualche avances da ragazzina. Non solo. Ha aggiunto anche che la 15enne "voleva uccidersi ma non aveva il coraggio, così mi ha chiesto aiuto".

E a guidare la sua mano sarebbe stato quel demone che lo assillava – stando alla sua ricostruzione – da tempo. Tante risposte le darà la perizia psichiatrica che la Procura è pronta a disporre. Farà luce, una volte per tutte, se ad aver spinto la sua mano è stata rabbia e cattiveria o un problema mentale. "Non c’è follia e la storia del demone è una strategia – ne sono convinti i Gualzetti –. Ha agito con grande lucidità". Ne è convinto anche il gip Luigi Martello nel convalidare il fermo: "Capace di intendere e di volere", nei confronti di un "reato il cui concetto illecito è di immediata percezione".

 

 

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