Colata di Idice, il Consiglio di Stato dà ragione alla Conti: "La vittoria della nostra vita"

Confermata sentenza del Tar e rigettata la richiesta danni milionaria delle imprese. Il sindaco: "Sette anni fa iniziò tutto, noi andati incontro a una tempesta di fango"

Isabella Conti

Bologna - 10/01/2015 - Isabella Conti sindaco di San Lazzaro di Savena e membro della giunta della Città Metropolitana (Roberto Serra / Iguana Press / Iguana Press)

Bologna, 18 novembre 2021 - L’annuncio lo dà direttamente il sindaco di San Lazzaro, Isabella Conti: "La vittoria più potente e importante della nostra vita, è arrivata. Il Consiglio di Stato si è pronunciato in via definitiva: avevamo ragione a bloccare la Colata di Idice". Tradotto: l’insediamento di 582 appartamenti e decine di negozi, su un’area verde di 284.000 metri quadrati, bloccato nel 2015 dal primo cittadino, atto che scatenò il putiferio, dando vita a un’inchiesta giudiziaria.

Ora, dopo il Tar, che a febbraio 2020 diede ragione al Comune guidato dalla Conti respingendo le richieste di risarcimento (20 milioni di euro) chiesti dalle imprese per lo stop, arriva dal Consiglio di Stato la conferma. "Questa vicenda – continua il sindaco sulla propria pagina Facebook – ha segnato in modo irreversibile non solo la mia vita, ma anche quelle dello straordinario avvocato e amico fraterno Michele Cristoni e di Anna Maria Tudisco, architetta e coraggiosa dirigente all’urbanistica. Eravamo noi tre, quando tutto è iniziato 7 anni fa, fino a notte fonda in Comune per studiare gli atti e capire come procedere in modo ineccepibile. Siamo andati incontro a tempeste di fango, pressioni, tentativi di condizionamento".

Proprio alcuni giorni fa, il gup Domenico Truppa ha deciso per la distruzione delle centinaia di migliaia di intercettazioni che all’epoca scombussolarono gli ambienti economici e politici e che riguardarono la maggior parte dei sette indagati, tra ex sindaci, esponenti del mondo cooperativo, imprenditori – poi tutti archiviati – per minaccia a corpo politico dello Stato. Nei confronti, cioè, della stessa Conti che, dopo aver detto no alla costruzione, denunciò presunte minacce subite.

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