Collective, il docu-thriller che punta all’Oscar

Il lavoro del regista Nanau, distribuito dalla bolognese I Wonder Pictures, è candidato come documentario e miglior film straniero

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di Benedetta Cucci

Entrato nella cinquina degli Academy Award 2021 sia come miglior documentario che come miglior film straniero, Collective di Alexander Nanau sta riscuotendo successo di visioni sulla piattaforma Iwonderfull, sala cinematografica digitale dedicata ai film distribuiti dalla bolognese IWonder. Dopo la notizia, il docu-thriller che nella forma di inchiesta in presa diretta, raccoglie il testimone di grandi storie cinematografiche sul giornalismo investigativo, è decollato. Al centro della narrazione di Nanau– che segue le indagini del giornalista sportivo e investigativo Catalin Tolontan – una vicenda di cronaca: l’incendio divampato il 30 ottobre 2015 durante uno spettacolo nel locale notturno Colectiv di Bucarest dove morirono 27 persone. Dei 150 feriti con ustioni gravi, 37 sono morti negli ospedali a causa dell’igiene compromessa da un sistema sanitario corrotto che utilizzava disinfettanti diluiti oltremisura.

Nanau, il suo documentario ha davvero il sapore dei grandi film americani sul giornalismo d’inchiesta. Tolontan con la collega Mirela Neag, sono come i giornalisti interpretati da Robert Redford e Dustin Hoffmann in ‘Tutti gli uomini del presidente’, ma sono protagonisti in prima persona.

"Catalin Tolontan e Mirela Neag sono giornalisti investigativi da oltre 25 anni. Sono diventati celebri per le cronache d’inchiesta sul mondo dello sport. Quando Tolontan ha iniziato a indagare sull’incendio al Colectiv sono saltate fuori subito delle irregolarità e con il capo del mio team e co-autore del film, Antoaneta Opris, abbiamo pensato che seguire la stampa potesse essere il punto di partenza per descrivere i meccanismi della società, il rapporto tra potere e cittadini. Tolontan ha iniziato a darci fiducia dopo aver visto che il lavoro d’indagine del nostro team era completo e serio".

Quindi è stata la prima volta che i giornalisti si occupavano di un tema del genere?

"Sì, trattandosi di una tragedia nazionale hanno sentito l’obbligo di occuparsene, anche perché il resto della stampa aveva fallito nell’inchiesta. Le persone continuavano a morire ma nessuno andava a fondo".

Le riprese sono durate 14 mesi, un tempo non troppo lungo per una trama così perfetta che però è frutto della realtà che avviene giorno per giorno e non di una sceneggiatura. Quando ha capito che si stava delinenando un film così?

"Quando fai un lavoro come questo, un documentario basato sull’osservazione, che è poi il metodo che uso in tutti i miei film e che ho appreso in particolare dai Fratelli Albert e David Maysles, anche se ammiro molto Vittorio De Sica e il neorealismo italiano, non sai mai se verrà fuori qualcosa e se sarai capace di trasmettere nel modo migliore ciò che vedi. Solo dopo aver iniziato a riprendere le riunioni all’interno dell’ufficio del nuovo ministro Vlad Voiculescu, una volta che il suo predecessore era stato costretto a dimettersi, ho capito che potevamo fare un buon film".

Dall’uscita del film in Romania ci sono stati cambiamenti sociali e politici oltre a quelli narrati?

"La società civile avanza velcemente e i giovani si sono riavvicinati alla politica, nascono nuovi partiti che ricevono voti e possono entrare a far parte della coalizione governativa. Anche Voiculesco, che nel 2016 restò in carica solo qualche mese, è entrato a far parte di un nuovo movimento politico indipendente e dalle ultime elezioni è di nuovo ministro della salute.

Le protagoniste decisive sono donne, come Camelia Roiu, anestesista dell’ospedale. E’ il simbolo di una nuova era?

"Sì, un cambiamento messo in atto dalle donne, vere responsabili dell’evoluzione morale di questo paese. Sono più intelligenti, progressiste, coraggiose e riescono a capire meglio le esigenze di una società. Si vede in anche ora, che i governi guidati da donne riescono a gestire meglio la pandemia".

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