Come ospitare profughi ucraini a Bologna: già sessanta famiglie offrono casa

Comune e Caritas hanno fatto una stima degli spazi messi a disposizione dai privati. Ma c’è un intoppo burocratico da superare: è necessario stabilire il loro status giuridico

Famiglie in fuga dall’Ucraina devastata dai bombardamenti

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Bologna, 4 marzo 2022 - La famiglie bolognesi sono pronte a scendere in campo per accogliere i rifugiati ucrani nelle loro case. Senza nulla di organizzato, ha superato quota sessanta il numero di persone che vogliono ospitare chi fugge dalla guerra. Anche se bisognerà aspettare alcuni passaggi burocratici prima che le loro porte si possano definitivamente aprire. Per il momento il Comune, la Caritas e le altre associazioni di volontariato possono solo raccogliere queste adesioni, non potendo organizzare nulla di ufficiale. "Per non disperdere questa importante generosità – a parlare è don Matteo Prosperini, il direttore della Caritas diocesana – ho detto alle parrocchie di inviare i nominativi di chi mette a disposizione i propri spazi alla nostra mail. Di più al momento non possiamo fare".

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Si tratta di un gesto comunque importante e che dà l’idea di come sia condiviso il dramma di chi è stato costretto a scappare dalla propria abitazione vedendo messa a repentaglio la vita propria e dei propri cari. Una solidarietà che va oltre il semplice mettersi le mani in tasca per un’offerta e sentirsi in pace con la coscienza, e punta a tenere intatti anche i nuclei familiari dato che spesso si tratta di madri che sono arrivate qui con i loro figli.

Il problema, a monte, è a livello nazionale: non è stato ancora definito lo status giuridico di questi profughi. Tecnicamente i rifugiati ucraini sono per lo più stranieri irregolari non essendo cittadini comunitari, per cui dovrebbero essere rimpatriati nell’arco di 30 giorni, che possono arrivare a 90 in caso di deroga, e durante questo periodo devono essere ospitati nei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) o in strutture ad esse equiparate dalla prefettura. Esiste sempre la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma non si può gestire con uno strumento straordinario una realtà che ha tutta l’aria di diventare ordinaria in tempi brevi. Per questo motivo il governo nei prossimi giorni dovrebbe istituire un permesso di soggiorno ad hoc della durata di un anno, e fino ad allora non sarà possibile ospitarli nelle case di privati, almeno in via ‘istituzionale’. Con questo lasciapassare sarà anche più facile far emergere quei profughi invisibili che hanno raggiunto un loro parente, ma che non possono chiedere il ricongiungimento familiare in quanto il loro legame non è diretto.

Il secondo problema è a livello sanitario. Una prima stima dice che solo il 35% dei rifugiati ha completato il ciclo vaccinale contro il Covid. Prima di una eventuale affidamento a privati l’intenzione è quella di fornire una copertura immunitaria a tutti per evitare che si sviluppi una recrudescenza della pandemia. Infine c’è pure un problema scolastico perché tutti i minori stranieri che sono titolari di permesso di soggiorno devono assolvere l’obbligo dell’istruzione. Questione complessa non conoscendo la lingua italiana.

Sciolti questi nodi, da parte di Caritas e dello stesso Comune arriverà una proposta più strutturata per chi desidera accogliere nelle proprie case i rifugiati.

 

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