Con il freddo torna anche la cuffia-mania

Giorgio

Comaschi

è poi il pensionato di piazza, che la cuffia ce l’ha anche lui, ma meno plateale e soprattutto senza ponpon, pronto a commentare la faccia di qualcuno dotato del copricapo degli Elfi delle Montagne fatate della Groenlandia, col termine classicamente bolognese di "fàza da cùl". C’è poco da fare, la cuffia, pur colorata che sia, pur frillina e caleidoscopica, fa molta fatica ad evitare il commento: "mo guèrda che fàza da cùl", che però è anche bello da sentire quando viene pronunciato bene, con tutti gli accenti calcati, alla bolognese appunto. I ponpon che cominciano a girare sono sempre più grandi, fanno fatica a star su, ma per forza, come fa una cuffia a reggersi dritta con sopra un pallone del 5? E pensare che la parola ponpon deriva dal francese "pom pon" e il nome non è casuale, anche se nessuno lo sa. I soldati dell’esercito napoleonico venivano dotati di cappelli di lana ognuno con un ponpon di colore diverso, perché ad ogni colore corrispondeva il grado e la divisione militare dei soldati. Durante le battaglie e le campagne invernali era così che si potevano distinguere tutti i militari di fanteria di Napoleone. E noi, che siamo in guerra dalla mattina alla sera, esercito stremato di gente che ronza attorno a regali e promozioni mentre fa uno ’zagno’ boia, esibiamo la nostra bella pallina o pallona di lana. In un bosco saremmo guardati in cagnesco dagli Elfi che penserebbero a un invasione. Fra via Indipendenza e via Ugo Bassi invece veniamo ammirati per la nostra varietà di colori. A parte ’la fàza’. Ecco, lì non ci si può fare niente. Aspettiamo il commento classico alla bolognese quindi. E tiriamo avanti.

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