Bologna, 16 maggio 2025 – “Cinquantuno anni senza vincere niente: ci pensi? Però l’altra notte è venuto fuori l’orgoglio del Bologna che tremare il mondo fa...”. Gianni Morandi ha un modo tutto suo di essere cordiale anche quando la voce è assonnata (“sono rientrato in città che faceva luce, capirai”). Ha un modo tutto suo anche di stare vicino al Bologna l’uomo che in un recente passato è stato perfino presidente onorario: sempre presente, ma discreto.

Morandi, discreto al punto da aver declinato l’offerta di cantare l’inno di Mameli, vero?
“Sì, è andata così. Il presidente della Lega serie A (Simonelli, ndr) me lo aveva chiesto, ma io gli ho risposto: ‘Lo faccio solo se chiamate anche uno del Milan, perché mi sembra più giusto che entrambe le squadre siano rappresentate’. Allora mi ha detto di considerare valido l’invito anche per il prossimo anno. E io: ‘Va bene, vengo: a meno che il Bologna non torni in finale’”.

Quando ha capito che la Coppa Italia poteva entrare nella bacheca di Casteldebole?
“Quando ho visto Mariani convalidare il gol di Ndoye. Confesso che quando la palla è entrata non ho esultato: metti che poi l’arbitro lo annulla, ho pensato, cosa festeggio a fare? Poi Mariani ha indicato il centro del campo e lì mi sono lasciato andare. In quel momento il cuore mi batteva forte e ho pensato che poteva essere davvero una notte magica”.
Che Coppa è stata?
“Meritata. Ho letto i commenti di tutti e non ce n’è uno che non abbia riconosciuto la legittimità della nostra vittoria. Molto sportivamente lo ha ammesso anche Leao quando a fine partita sono andato a salutarlo. Fisicamente è impressionante, mi sono avvicinato e gli ho detto: ‘Voi siete abituati a vincere tanti trofei, noi no’. E lui: ’Siete stati bravi’. Un suo compagno però mi si è avvicinato e ha detto: ‘Ma proprio questa partita dovevate vincere?’”.

La sua gioia a fine gara ha fatto il giro del web.
“Ho abbracciato tutti: anche l’arbitro Mariani. Bello anche l’abbraccio con Fenucci: Claudio è sempre misurato, ma in campo aveva le lacrime agli occhi”.
Solo Italiano l’ha battuta nel record di abbracci dopo il novantesimo.
“Vero, era scatenato. L’abbraccio con il mister l’ho postato sui social perché in quella stretta ho sentito tutta la gioia di un uomo che sapeva di averci guidato a fare un’impresa”.

E’ stata un’impresa anche rientrare in città viaggiando in auto nel cuore della notte?
“Al volante c’era il mio amico Guido, tifosissimo pure lui. Ci siamo fermati a tutti gli autogrill e si respirava un clima di festa. Quando siamo arrivati a Bologna spuntavano le prime luci, ma prima di andare a letto sono passato in edicola perché volevo vedere la prima pagina del Carlino”.
Impresa di Italiano, diceva.
“Non solo sua, ma di tutti. Penso a Saputo, che aveva promesso di riportarci in alto in dieci anni e l’ha fatto. Penso a un grandissimo come Sartori, che ha costruito la squadra. Ma ci metto anche Fenucci, Di Vaio e tutti i giocatori”.
Per Italiano contava molto portare a casa la prima vittoria in una finale.
“Contava perché, come giustamente ha detto, c’è chi guarda solo all’esito di una partita e si dimentica del percorso. Quando è arrivato a Bologna un mio amico di Firenze mi ha scritto: ‘Meno male che è venuto da voi, con lui non vincerete mai niente’. Si è clamorosamente sbagliato”.
E adesso?
“Il prossimo anno faremo l’Europa League e penso che potremo anche dire la nostra perché l’esperienza che abbiamo fatto quest’anno in Champions ci è servita per crescere”.
Anche Sinisa mercoledì notte ha tifato per il Bologna.
“Dopo il triplice fischio ho pensato anche a lui. Del resto come si fa a dimenticare un uomo come Sinisa?”.
Nel destino rossoblù c’è sempre l’Olimpico, come già il 7 giugno 1964.
“Io quel giorno non c’ero, sono rimasto in città perché avevo una serata a Mantova. Al gol di Fogli mi sono affacciato in via Mezzofanti e in tutto quel silenzio il brusio di colpo è diventato un urlo. Però è stato bello anche urlare e festeggiare dal vivo l’altra sera”.