Coppia al veleno, condanna confermata

Rita Di Majo e il marito Claudio Furlan provocarono la morte dell’amico Vito Balboni per rubargli il bancomat

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Colpevoli, anche per i giudici della Corte d’Appello, della morte di Vito Balboni. Non solo: ritenuti pure "soggetti socialmente pericolosi". Non cambia il destino giudiziario di Rita Di Majo, 49 anni napoletana, e del marito Claudio Furlan, 51 di Bologna, condannati anche in secondo grado rispettivamente a 14 e 12 anni. Responsabili di aver messo nella birra del 61enne ferrarese originario di Copparo – ma residente a San Giorgio di Piano – Rivotril e Nozinan la sera del 31 ottobre 2019 per stordirlo e rapinarlo del bancomat per effettuare 11 prelievi da 1.900 euro tra San Lazzaro, Cadriano e Bologna

Atroce agonia. Balboni venne trovato morto dentro la propria auto il 6 novembre di due anni fa in un parcheggio di Cadriano, dopo giorni di agonia e con il medico legale che stabilì che l’atroce decesso sarebbe avvenuto tra il 2 e il 5 di quello stesso mese. "Loro conoscevano benissimo quegli psicofarmaci – chiosa l’avvocato Roberto Testa, parte civile con madre, moglie e gli otto tra fratelli e sorelle della vittima –, inoltre tornarono per ben tre volte a controllare le sue condizioni ma senza nemmeno chiamare i soccorsi". Tanti, troppi i goffi errori commessi dalla coppia subito dopo aver abbandonato al suo crudele destino Balboni. Come la telefonata del 20 novembre a casa del ferrarese per chiedere alla vedova se fosse a conoscenza di un’indagine. O le numerose immagini delle banche che ripresero la Di Majo durante i prelievi, o i viaggi a San Giorgio per controllare i manifesti funebri e al cimitero.

Tra l’1 e il 5 novembre, la coppia tornò nel parcheggio, preoccupata perché la Clio e Balboni erano ancora fermi lì. Una cosa molta strana, che non poteva non fare temere il peggio, ma nonostante questo non indusse minimamente i Furlan a chiamare i soccorsi. Per il pm Roberto Ceroni non ci furono dubbi sulla responsabilità, ma sebbene nelle carte si parlasse anche di omicidio, e inizialmente si ipotizzasse la preterintenzionalità, entrambi furono iscritti per morte come conseguenza di altro reato (l’avvelenamento. L’avvocato dei due, Giancarlo Tunno, ha cercato di dimostrare la "non prevedibilità" del decesso ma per il presidente Luca Ghedini e i giudici dell’Assise d’appello i coniugi sono responsabili, con la Di Majo che in aula è stata prima ammonita per il suo atteggiamento, per poi essere mandata fuori dall’aula.

Nicola Bianchi

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