Coronavirus, professor Viale. "Asintomatici non pericolosi"

L’infettivologo del Sant’Orsola: "Chi è clinicamente guarito per 3 settimane non infetta più. Non ha senso aspettare due tamponi negativi"

Il professor Pierluigi Viale, primario di Malattie infettive al policlinico Sant’Orsola

Il professor Pierluigi Viale, primario di Malattie infettive al policlinico Sant’Orsola

Bologna, 25 luglio 2020 - Annunciando il nuovo focolaio nella casa di riposo di viale Roma, ieri l’altro, l’Ausl fa riferimento al fatto che "il 17 luglio vengono diagnosticati i primi quattro casi positivi: tre risultano nuovi casi, mentre uno era già stato un caso Covid precedentemente guarito dal punto di vista clinico e virologico". Insomma, tutto lascia pensare a una ricaduta.

Professor Viale, è così? "No, si tratta certamente di un falso positivo – risponde il professor Pierluigi Viale, primario di Malattie infettive all’ospedale Sant’Orsola –. Parliamo di persone del tutto asintomatiche, ovvero con una quota virale bassissima. Anzi, praticamente nulla: i pazienti senza sintomi non sono né a rischio di sviluppare la malattia, né di contagiare qualcuno".

È possibile che una persona già guarita dal Covid, risultati poi di nuovo positiva? "Serve una precisazione. I test virologici si basano sul genotipo, ovvero sulla costituzione genetica del virus. Immaginiamo che il virus sia una casa composta da tanti, piccoli mattoncini: al tampone basta che solo uno dei mattoni sia rimasto nell’organismo per indicare la persona come positiva, quando in realtà la casa è crollata da un pezzo. Insomma, il virus non c’è più, ma una sua traccia è sopravvissuta e il test, che è preciso e sensibile, la rileva lo stesso, anche se non riesce a distinguere che la sua pericolosità, sia per la persona sia di contagio per chi le sta intorno, non c’è più".

Perché allora un malato che ha avuto i due tamponi negativi di fila, torna positivo? "Perché i ’mattoncini’ residui alterano il risultato. Non è una cosa rara in infettivologia. Si tratta però di singoli casi che vanno interpretati da un professionista, non presi come tali e inseriti nelle statistiche, altrimenti alterano la percezione reale del contagio. I focolai di asintomatici non devono spaventare: ci dicono semplicemente quanto il sistema sanitario sia diventato bravo a scovare il virus".

Ma i positivi asintomatici vanno comunque isolati... "Certo, se il test risulta positivo la persone viene contata come infetta e perciò contagiosa. Perché lo prevede la legge".

Sta dicendo che gli asintomatici è un po’ come se fossero negativi? "Diciamo che se una persona che è stata malata dopo tre settimane non ha più alcun sintomo, è cioè clinicamente guarita, non ha senso aspettare i due tamponi negativi: non è più infettiva. Stiamo scrivendo un documento scientifico a riguardo, che speriamo venga recepito anche a livello istituzionale, perché aiuterebbe a controllare l’andamento dell’epidemia in modo più preciso. Tutte le persone rimaste positive per mesi, erano falsi positivi: allora non si sapeva, e si tenevano isolate, ora invece c’è una consapevolezza è diversa".  

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