Coronavirus a Bologna, Pasqua in trincea. Le storie di chi lavora

Farmacisti, medici, negozianti: tre volti per raccontare lo sforzo di tutti, dai ristoranti alle forze dell’ordine. Un modo per dire loro grazie

Marinella Degli Esposti, nella sua bottega di alimentari in via di Corticella

Marinella Degli Esposti, nella sua bottega di alimentari in via di Corticella

Bologna, 12 aprile 2020 - Pasqua in trincea. Il medico, l’alimentari, il ristoratore, il farmacista, il carabiniere, il poliziotto e le forze dell’ordine, anche i giornalisti, scriverlo non è peccato, gli operatori delle pulizie e poi tutti gli altri. La prima Pasqua senza Pasqua, della vita di molti noi, sarà per una larga fetta di lavoratori la Pasqua in prima linea nella lotta al Coronavirus.

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E mai come dopo il primo mese di quarantena è il lavoro a essere protagonista: migliaia di artigiani, operai, baristi e tanti altri bolognesi fermi vogliono un orizzonte, perché il lavoro nobilita l’uomo, sì, ma rende anche degni e dà un senso a giornate che si trasformano, invece, nel giorno della marmotta. Ecco perché chi è in trincea, in questi giorni che si srotolano tra morti e abitudini stravolte, vive davvero la prima linea. Vogliamo raccontarvi tre storie, tre volti, tre destini, per dire grazie a persone normali che fanno cose normali, loro dicono così, tutti. Ed è proprio la normalità, l’umanità, l’ humanitas , quella che Alfonso Traina definisce come "il riconoscere e il rispettare l’uomo in ogni uomo", che si fa straordinarietà.

La dottoressa

Erika Dal Checco spalanca un sorriso, nel padiglione 23. È la frontiera della lotta al Covid-19, qui al Sant’Orsola, il reparto è quello dei malati più difficili che a volte necessitano anche dell’Ecmo, l’ossigenazione extracorporea. Spalanca un sorriso se le si chiede di ricordare il momento più bello, in mezzo a questa scia di volti senza respiro: "Non ho dubbi – racconta la dottoressa, 45 anni –. Abbiamo avuto in cura per diverso tempo un ragazzo di 38 anni, maggiore dell’Esercito. L’abbiamo preso per i capelli, era davvero a un soffio... Eppure dopo quindici giorni si è ripreso. E quando l’abbiamo estubato ed è tornato a parlare e a essere in forze, beh, ci ha chiesto di poter fare una video chiamata".

E lì, nel reparto dei ventilatori, della perfusione, delle situazioni disperate, è stato il paradiso all’improvviso: "Ha chiamato la sua ragazza e le ha chiesto di sposarlo. È stato bellissimo vedere lui, la scena, la reazione di lei. Una cosa bella, bellissima, era successa". Di solito infatti dal padiglione 23 non si esce al massimo delle forze: questa è una frontiera e i malati, prima di essere davvero vigili, passano al padiglione 25 del Policlinico: "Quanti momenti pesanti, all’inizio non vedevamo passi avanti, la terza settimana era davvero in salita".

E le brutte notizie, "quelle non vorreste mai darle ai parenti dei pazienti, figurarsi adesso che non puoi nemmeno vedere le persone". La comunicazione arriva via telefono, il bel rapporto delle giornate normali, pur nel dolore di una rianimazione, non si può instaurare, e la dottoressa Dal Checco rimpiange quei giorni: "Poi in questi giorni è la quantità che dobbiamo combattere. Quanti pazienti, quanto dolore, l’afflusso è veloce, seguiamo le persone non più ora per ora, ma minuto per minuto. E lo facciamo perché siamo professionisti che svolgono un compito come sempre abbiamo fatto. Con scienza. Con umanità. Non chiamateci eroi".

C’è l’ospedale e c’è la vita. Erika vive in campagna, i turni di una vita le hanno insegnato che Pasqua è un giorno come gli altri. Quanti pranzi saltati, quante feste viste solo dallo schermo di un telefonino: "Non ho figli, ma ho un compagno meraviglioso che in 20 anni mi ha sempre capito e appoggiato, non mi ha mai fatto sentire in colpa. È importante".

Il farmacista

Altra frontiera: "Siamo alla Barca, siamo la farmacia del Treno, ci sono tanti utenti. La farmacia è da sempre un luogo simbolo, un luogo aperto, un punto di primo accesso, anche per molti stranieri". Massimiliano Fracassi, che è anche presidente di Federfarma Bologna, dice che con l’emergenza Coronavirus "non abbiamo mai smesso di essere presenti". Anzi. "Nella prima fase siamo diventati il primo punto sanitario di riferimento. Ci siamo anche sentiti soli, non avevamo nessun dispositivo di protezione individuale se non quelli che abbiamo trovato da soli. Ora tra vetri di plexiglas, guanti, cuffie, occhiali e tute siamo bardati come palombari".

E il lavoro nelle farmacie non è solo quello a diretto contatto con il cliente: "Abbiamo avuto grande supporto da Federfarma, anche perché le norme cambiavano in continuazione e pure le esigenze delle persone – racconta ancora Fracassi –. Ora suonano tre telefoni in contemporanea, riceviamo mille chiamate al giorno. Poi c’è il tema del ritiro dei farmaci e delle consegne. E’ un lavoro complesso, l’approvvigionamento è difficilissimo, ma siamo anche molto orgogliosi per il ruolo della farmacia. E’ un punto di riferimento per la popolazione".

La negoziante

Marinella Degli Esposti deve avere dei super poteri. O uno zainetto ripieno di energizzanti: "Ci alziamo presto, alle 3,45-4, dobbiamo andare al mercato ortofrutticolo. Poi colazione, si va in negozio e si comincia. La tirata prosegue fino al primo pomeriggio, breve pausa poi si riparte, perché ormai le persone hanno cambiato le abitudini. E si prosegue con la spesa a domicilio, come fosse un porta a porta, fino alle 23-23.30". Beh, Marinella, allora quando dorme? "Si lavora, si dorme quel che si può", eccola qua.

Dedizione. Instancabile. Una vita di lavoro: è quella dei negozianti di alimentari come Marinella. Lei ha bottega in via di Corticella, verso piazza dell’Unità: "Teniamo i prodotti di nicchia, le specialità bolognesi, cerchiamo di differenziarci. E molti in questa fase se ne stanno accorgendo". Perché il giro per gli alimentari è si aumentato, ma fra mille difficoltà e con il sovrappiù delle consegne a domicilio: "Consegniamo a persone sole, a chi ha problemi di salute, a chi non ha rete parentale. Beh, un pochino la loro famiglia diventiamo noi. E ne siamo davvero orgogliosi".

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