Coronavirus Bologna, "Noi, qui al Sant'Orsola pronti a combattere il virus"

Ecco le misure contro la diffusione del contagio al Pronto soccorso. I casi sospetti isolati in una stanza e poi trasferiti alle Malattie infettive. Giostra: "Diminuiscono gli accessi". Lanari: "Triage d’avamposto"

La postazione del Pronto soccorso con il gel antisettico e la scatola delle mascherine

La postazione del Pronto soccorso con il gel antisettico e la scatola delle mascherine

Bologna, 25 febbraio 2020 - I Pronto soccorso ai tempi del coronavirus cambiano aspetto. O meglio, le strutture di emergenza si organizzano per poter accogliere eventuali casi a rischio e le riunioni tecniche tra i dirigenti si susseguono. Ieri, alle 12, al Sant’Orsola erano in sala d’attesa sei persone, ogni tanto un’infermiera, con indosso una mascherina, si affacciava per far entrare il prossimo malato. Davanti al bancone un cartello di carta, affisso con nastro adesivo, con le norme igieniche da rispettare, da una parte l’angolo con il gel antisettico e le mascherine da offrire a chi ha sintomi particolari.

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«La popolazione ha risposto bene all’appello di non intasare i Pronto soccorso – spiega Fabrizio Giostra, da gennaio direttore del Pronto soccorso e della medicina d’urgenza – perché lo scorso fine settimana abbiamo avuto 413 accessi, un 10% in meno rispetto al week end precedente, quando avevamo registrato 465 accessi. Quindi stiamo lavorando bene, anche se ringrazio tutti gli operatori perché stanno affrontando una situazione non comune".

 

C’è un piano particolare per eventuali ingressi di malati sospetti di essere stati colpita da coronavirus? A Piacenza sono stati allestiti due box all’esterno del Pronto soccorso. "Queste sono decisioni che prende la Regione – risponde Giostra – qui al momento non abbiamo queste necessità. Ma per i casi di contagio abbiamo a disposizione una stanza di decontaminazione dove possiamo isolare i pazienti sospetti, da inizio febbraio ci sono capitati 5 o 6 casi. Le persone si presentano all’accettazione e viene fornita loro la mascherina e il gel disinfettante, come per i pazienti con patologie influenzale, poi seguono un percorso tracciato a terra e si trovano davanti a una porta aperta da un infermiere protetto da dispositivi individuali. Se dal quadro dell’anamnesi viene confermato il sospetto di coronavirus allertiamo il reparto di malattie infettive e un infettivologo arriva per fare il tampone. Poi il paziente, in attesa del referto, viene accompagnato alle malattie infettive".

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Marcello Lanari, direttore della Pediatria e del Pronto soccorso pediatrico, aggiunge che lo stesso protocollo è in vigore per i bambini: "Anche noi abbiamo una stanza per isolare un eventuale bimbo che avesse un’infezione da coronavirus, in tal caso verrebbe trasferito nelle malattie infettive e poi assistito con una gestione congiunta". Diminuiti, in questi giorni, anche i piccoli pazienti. "Sono passate le informazioni giuste – prosegue il professore – dal momento che da sabato, a partire dalle 8 del mattino alle 8 di lunedì scorso, abbiamo avuto 157 accessi, negli stessi orari del fine settimana precedente erano 194 e quello ancora prima 209".

Ecco come funziona la struttura in presenza di un sovraffollamento: "Se c’è picco di affluenza, lo smaltiamo con la chiamata di un pediatra reperibile che si affianca agli altri due sempre presenti, più tre o quattro specializzandi. E lo stesso accade con il turno di notte, quando sono presenti un pediatra e uno specializzando. L’altra misura è una sorta di avamposto al triage con un infermiere che distribuisce il gel antisettico e le mascherine non solo al bambino, ma anche ai genitori. E poi una pulizia delle suppellettili molta accurata da parte degli addetti e il lavaggio continuo delle mani e l’uso della mascherina".  

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