Coronavirus Bologna, test sugli operatori. "Sette positivi su mille"

Violante, direttore della Medicina del lavoro: "Saranno sottoposti al tampone. Siamo un po’ sorpresi, ma serve prudenza, siamo all’inizio"

Il professor Francesco Saverio Violante

Il professor Francesco Saverio Violante

Bologna, 6 aprile 2020 - La sorpresa arriva dai test sierologici fatti sul personale sanitario: meno dell’1% degli operatori è positivo al Coronavirus. Ed ecco il risultato dei tamponi fino a venerdì: positivi 224 infermieri e 66 medici.

Leggi anche Sintomi e terapie: come si batte il morbo Professor Francesco Saverio Violante, quanti test sierologici sono stati eseguiti? "Fino a sabato 1.079, tra i dipendenti dell’Ausl, del Sant’Orsola, del Rizzoli e di qualche Cra, le case residenza per anziani. E oggi (ieri, ndr) si prosegue, mentre da domani arriveremo a mille test al giorno, uno standard che manterremo fino al termine di questo primo giro. Entro due settimane termineremo lo screening sui 15mila dipendenti", risponde il direttore della Medicina del lavoro del Sant’Orsola, con incarico interaziendale. Quali sono gli esiti? "Sui 1.079 campioni, 13 sono risultati positivi al test rapido e di questi solo 7 sono stati confermati dal successivo esame microbiologico. Quindi, gli altri 6 erano falsi positivi. Capita è nella natura di qualsiasi test". I 7 positivi che hanno prodotto gli anticorpi al virus sono stati allontanati dal lavoro? "No, ora dovranno essere sottoposti al tampone". Non è una quota bassa, trattandosi di operatori che hanno assistito malati contagiosi? "Siamo relativamente un po’ sorpresi dal trovare meno positivi di quelli che ci aspettavamo, non raggiungiamo neppure l’1%. Comunque, serve prudenza, perché siamo solo all’inizio. Tireremo le somme alla fine". Il comportamento dei sanitari potrebbe averli protetti? "Certo. Bisogna anche sottolineare che gli operatori sanitari sono addestrati. Abbiamo iniziato gli esami partendo dalle terapie intensive e dei reparti Covid, tenendo conto di quella che si chiama analisi del rischio. Tuttavia, da domani (oggi, ndr) capiremo se ci troviamo di fronte anche a dei falsi negativi". In che modo? "Abbiamo conservato una parte del sangue prelevato e così prenderemo un campione di circa 300 negativi per sottoporlo a un test chiamato Elisa, l’acronimo di Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay, ossia dosaggio immuno-assorbente legato a un enzima. Si tratta di un’analisi clinica standard e più precisa del test rapido". E dai risultati dei tamponi, finora quanti operatori sono risultati positivi? "Ne abbiamo testati diverse centinaia e i positivi sono circa 250, una percentuale del 2%. Una differenza con i test sierologici più che prevedibile, perché siamo partiti da chi ha avuto contatti con malati e dai sintomatici". La Lombardia ha reso obbligatorie le mascherine per uscire di casa. Che cosa ne pensa? "È un provvedimento che approvo: l’infezione è aerostrasmessa e noi non riusciamo a identificare i soggetti asintomatici. Quindi, se tutti indossano le mascherine chirurgiche, le avranno anche i soggetti che espandono il virus e così la popolazione è protetta. Però bisogna riflettere sui materiali". A che cosa si riferisce? "Le mascherine devono essere prodotte con materiali idonei, altrimenti servono a poco. Il governo italiano, nell’articolo 16 del decreto legge 18 del 2020, ha mantenuto i controlli di efficacia solo per quelle usate da operatori sanitari e lavoratori, ma non dai cittadini. Però, se la filtrazione batterica non raggiunge almeno il 95%, servono a poco. Ha fatto meglio il governo francese, stabilendo che le mascherine per la popolazione siano in grado di fermare il 70% delle particelle. Per esempio, di quelle che stiamo analizzando nel laboratorio dell’università, la metà non passa il test". Quando le aziende torneranno in attività, dovrebbero far indossare le mascherine a tutti e predisporre test rapidi? "È una scelta che va fatta caso per caso. Diverse aziende ci hanno già chiesto informazioni sui test rapidi e su come misurare la febbre all’ingresso".

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