Covid Bologna, ricoverato due mesi e intubato 15 giorni. "Ho sconfitto il virus"

La storia di Riccardo, 75 anni, dimesso dal Sant’Orsola: "E' stata un'odissea, il virus mi ha quasi ucciso. Bisogna avere fiducia nei medici, sono stati grandi"

Una terapia intensiva

Una terapia intensiva

Bologna, 18 marzo 2021 - Quel saluto così speciale non lo dimenticherà tanto facilmente. Dopo un ricovero di quasi due mesi, intubato per due settimane, per Riccardo, 75 anni, è arrivato il momento di lasciare il padiglione 25 del Sant’Orsola. "Mi hanno vestito e preparato per il trasferimento in ambulanza all’ospedale di Imola per la riabilitazione, ma prima di consegnarmi al personale della Croce rossa – ricorda –, i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari hanno formato un cerchio attorno alla mia barella per salutarmi. Allora ho detto ‘grazie a tutti voi, le pompe funebri hanno avuto una persona in meno’. E poi ci siamo commossi". Chi racconta la propria storia di paziente Covid vuole mettere subito in chiaro una cosa. «Faccio un appello a quelli che prendono sottogamba la pandemia, sappiate che il virus è tremendo – sottolinea Riccardo – e quando si viene colpiti da questa malattia non bisogna perdere tempo e se è necessario un ricovero va affrontato senza spaventarsi, perché in ospedale sono tutti gentilissimi, dedicano mille attenzioni ai malati. Insomma, si può guarire e bisogna avere fiducia nella scienza. Io, grazie a Dio, ce l’ho fatta". E in questi giorni che si parla tanto di vaccini, vuole fare anche un’altra raccomandazione: "So che cosa vuol dire il Covid e il vaccino è importante per difendersi dal virus. Lo farò anche io, magari tra cinque o sei mesi come mi suggeriscono i medici. Adesso sono impegnato a fare fisioterapia e a rafforzare la muscolatura, domani (oggi, ndr ) proverò a rimettermi in piedi". Ma anche se il peggio è passato, i ricordi dei giorni in rianimazione sono la parte più difficile del racconto. «Ero arrivato al Sant’Orsola con la febbre alta e la polmonite e quando i medici mi hanno detto che dovevano intubarmi, mi sono fidato di loro. Ho detto ‘vi lascio carta bianca mi affido a voi e buon lavoro’. Essere intubati vuol dire stare 7 ore sdraiato sulla schiena e dopo essere girato a pancia in giù per altre 7 ore, tenendo sempre fili e tubicini attaccati, così da dipendere dagli operatori per ogni piccolo movimento".

Dopo due settimane in quelle condizioni è arrivato il momento tanto atteso. "Quando mi hanno estubato un dottore mi si è rivolto con queste parole: ‘Le è andata bene, ce l’abbiamo messa tutta per salvarla, anche se lei è ancora in pericolo. Ha avuto una forma gravissima del Covid e ha reagito con una grande resistenza. Lei ha avuto la forza di un leone, che però ha un solo cuore, ma lei, invece, ha lottato come se avesse due cuori’".

E la commozione trapela nuovamente dalla voce di Riccardo. Una volta passata la grande paura, il pensionato è stato trasferito nell’ospedale di Imola, la città dove risiede, per la fisioterapia: "Il Covid mi ha distrutto e ancora non mi reggo sulle gambe, ma se potessi alzarmi e guardare dalla finestra vedrei la zona in cui abito e quindi spiritualmente ormai mi sento a casa". Un passo indietro, agli ultimi giorni dello scorso anno e alla diffusione del virus in famiglia. "Mia moglie è stata la prima a contagiarsi, lavora in una struttura sanitaria, stava male e ricordo che mi rivolgevo a lei così: ’Ma che cosa vuoi che sia, hai solo un po’ di febbre’. Non l’avessi mai detto. A me la febbre è salita velocemente quasi a 40 gradi, l’antifebbrile non mi aiutava e allora il primo gennaio abbiamo chiamato la guardia medica che ha disposto il ricovero d’urgenza all’ospedale di Imola e da lì mi hanno trasferito al Sant’Orsola: da dove ho iniziato il racconto della mia rinascita".

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