Covid, ospedale Maggiore in prima linea. "Letti pieni. E il pericolo varianti è reale"

Silingardi (Medicina interna) e Cilloni (area critica): "Troppa poca consapevolezza sui rischi, questa guerra non finirà presto" La degenza ordinaria Covid è lievitata: 170 posti riservati ai positivi, solo 80 quelli per i pazienti ordinari

Al lavoro nel reparto di Terapia intensiva Covid dell’ospedale Maggiore (foto Schicchi)

Al lavoro nel reparto di Terapia intensiva Covid dell’ospedale Maggiore (foto Schicchi)

Bologna, 12 marzo 2021 - "Non so se ora siamo al picco, quello che so è che siamo in una situazione di enorme difficoltà, mai vissuta prima d’ora...". Mauro Silingardi, direttore della Medicina interna del Maggiore convertita in Degenza ordinaria reparto Covid il 19 novembre, tira un lungo sospiro. "Molto peggio della prima ondata, i numeri sono maggiori e l’impegno è maggiore. Le varianti sono state devastanti, ora bisogna cercare di resistere".

Bollettino Italia ed Emilia Romagna del 12 marzo

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Settori triplicati

A novembre, i piani 9 e 11 che in tempi normali si chiamerebbero semplicemente di Medicina, nel giro di 4-5 ore diventarono reparti Covid. Ora si sono aggiunti il piano 10, oltre a gran parte delle cosiddette ali corte: 2, 4, 7. "A cui si aggiungerà molto probabilmente anche l’ottavo piano". Per un totale di 170 posti interamente dedicati ai pazienti Covid – con i letti ’puliti’ di area medica ridotti a un’ottantina –, e con la possibilità di ulteriore espansione ormai risicata all’osso. "Abbiamo toccato in un giorno 74 ricoveri in tutta l’Azienda Usl, ora – riprende il medico – stiamo viaggiando sulla cinquantina in media, a fronte di 20/30 dimissioni. Il trend non è in diminuzione, i valori restano ancora verso l’alto e la situazione è di enorme instabilità".

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Allarme giovani

Cala l’età media dei pazienti, "siamo attorno a 50-60 anni", e grazie ai vaccini gli ultraottantenni in ospedale sono molti meno. "Abbiamo persone molto giovani, c’è un ragazzo di 19 anni e uomini di 30-40 anni. La fascia d’età, insomma, non è più quella della prima ondata". La stanchezza è tanta, le ore accumulate da oltre un anno tra medici e infermieri, impressionante. "Ma andiamo avanti anche grazie ai tanti ringraziamenti che ci arrivano. La cosa, però, che più dispiace è che nel Paese non vi sia pienamente la consapevolezza della pericolosità del Covid. Forse anche da parte nostra ci saranno stati sbagli, ma sentiamo molta meno solidarietà". Ed ecco allora le feste, le cene, le partite di calcio ’abusive’ che continuano nei parchi. Nonostante le restrizioni, nonostante gli appelli, nonostante quarantene e ossigeno sparato in faccia. Nonostante i morti.

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Forze in campo

"In un reparto Covid di 36 pazienti, alla mattina servono 6 medici, al pomeriggio 2, mentre la notte altri 2 più un chirurgo". Perché spesso è proprio la notte il momento più difficile e delicato con i ricoveri che non si fermano mai. "Un contributo fondamentale – precisa Silingardi – ce lo stanno dando gli otto specializzandi della scuola del professor Borghi, con noi dal 26 gennaio. Della serie nessuno si tira indietro". La cosa positiva arriva dai vaccini, totale l’adesione dei sanitari nei reparti diretti da Silingardi. Dove è passato anche qualche paziente negazionista, ma che poi si è ricreduto.

Altre varianti

Una previsione sul futuro? Non ci gira tanto attorno il medico: "Non ci libereremo di questo virus per via delle sue caratteristiche, per la sua altissima contagiosità, per la presenza di asintomatici. Paradossalmente è più facile debellare un virus letale che ha vie di mezzo, cosa che il Covid non ha. Ma il vaccino ci aiuterà tantissimo, ne siamo certi". Covid che continua a mutare, ieri a Firenze il primo caso di variante indiana: "Più le persone circolano, più il virus circola, si mescola e si replica. E durante la replicazione è possibile che avvengano errori, così si innesca la variante. Altre mutazioni in futuro? Certo, ce le possiamo aspettare". Reparti intensivi. A pochi passi dalle degenze ordinarie, c’è l’area critica diretta da Nicola Cilloni, dove un paziente Covid in media resta 15 giorni, "ma c’è anche chi è con noi da un mese e mezzo". Durante la prima ondata, l’intensiva era ’solo’ al dodicesimo piano, ora invece è lievitata spalmandosi su altri tre piani per un totale di 66 posti, ieri occupati da 57 persone. "La media di entrata – inizia il medico – è di 3/5 pazienti al giorno. L’ampliamento dei posti è ancora possibile, ma ciò vuol dire enormi e ulteriori sacrifici".

Sotto stress

E dietro al vetro delle intensive, oggi vedi sempre più giovani: "Abbiamo avuto una donna in gravidanza di 31 anni e un ragazzo di 25. Il virus non risparmia nessuno, dopo i nostri nonni sta attaccando chi continua ad andare agli aperitivi o alle feste. Per poter sopravvivere servono rinunce anche se siamo esausti. Rinunciare a una cena con gli amici, a una partita di calcetto, a una gita per non finire in ospedale". Il sistema è sotto stress, continua Cilloni, "e molto di più rispetto al marzo scorso, ma dobbiamo reggere ancora. Poi si vedranno gli effetti della zona rossa". Ma non sarà finita. Perché questa battaglia non finirà presto. "I vaccini serviranno, aspettiamo le dosi. Ma la guerra si vincerà solo con i comportamenti delle persone".  

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