Il professor Vittorio Sambri, coordinatore della rete regionale dei laboratori microbiologici Covid

Il professor Vittorio Sambri

Bologna, 25 marzo 2021 - "La variante inglese è presente nell’80% dei casi a Bologna, mentre a livello regionale è al 70%. La sudafricana e la brasiliana sono diffuse pochissimo, rappresentano lo 0,1%".  Così Vittorio Sambri, coordinatore della rete regionale dei laboratodi Covid di microbiologia, fa il punto sul sequenziamento dei primi 200 campioni analizzati nei primi dieci giorni di marzo e provenienti da tutta la Regione. Focus Covid Emilia Romagna, Bonaccini: "Il picco è passato, Rt e curva in discesa" Professore, l’impressionante aumento di contagi delle ultime settimane si spiega con questa percentuale così elevata della variante inglese? «Sì ha attecchito alla grande probabilmente anche perché ha avuto una spinta iniziale consistente. Basti pensare a quante persone sono rientrate dal Regno Unito tra dicembre e gennaio, Paese dove si è manifestata per prima, e quante dal Brasile o dal Sud Africa». Come mai si è diffusa così in fretta? «Abbiamo diverse evidenze e lavori scientifici fatti dai colleghi inglesi che dimostrano due cose. La variante inglese dà cariche virali più alte rispetto al virus classico ed è il motivo per cui circola di più. Facciamo un esempio: se il soggetto infettato ha una carica virale alta e starnutisce può infettare di più. Inoltre, è una questione di comportamenti. Il virus mutato si è inserito in un periodo di restrizioni parziali, come quelle di Natale, quando le persone andavano molto più in giro e i comportamenti erano meno prudenti».  Come prosegue lo studio sulle varianti? «In questo momento, stiamo partecipando allo studio promosso dall’Istituto superiore di sanità per il controllo delle varianti note. L’Emilia-Romagna dovrà analizzare 179 campioni scelti a caso tra i positivi dei vari ambiti territoriali. Finora, il mio laboratorio ne ha analizzati i primi 24, provenienti da Ferrara e dalla Romagna. Li abbiamo testati con la tecnologia del sequenziamento completo del genoma, vuol dire che abbiamo letto tutte le basi che compongono il genoma virale e, in base a quello che abbiamo trovato fino a oggi, abbiamo circa il 90% di presenza di variante inglese in quei campioni». Il punto Variante covid New York: identificati nelle Marche i primi due casi italiani Allora dall’inizio di marzo la percentuale della variante è in aumento?  «Non possiamo dirlo con certezza, perché il numero di campioni finora analizzati, è limitato. Tuttavia, non è azzardato dire che il trend di diffusione possa essere in aumento». Perché le altre varianti si diffondono meno? «Probabilmente per una minore capacità di diffusione rispetto a quella della variante inglese che le sovrasta dal punto di vista epidemiologico». Quando si concluderà lo studio promosso dall’Istituto superiore di sanità? «Prevediamo di portarlo a termine prima di Pasqua. I risultati verranno inviati al sistema di raccolta dell’Istituto che li metterà insieme a quelli delle altre Regioni e poi stilerà un rapporto finale». I numeri dei contagi sono finalmente in diminuzione. Un segnale che porta ottimismo. «Certo, è l’effetto della zona rossa. Ormai sono trascorse tre settimane: il numero di casi sta calando e le curve si stanno appiattendo». Ma non è ancora così negli ospedali? «Ci vuole un periodo più lungo per avere gli stessi benefici nelle strutture ospedaliere».

Cronaca

Bologna, 25 marzo 2021 - "La variante inglese è presente nell’80% dei casi a Bologna, mentre a livello regionale è al 70%. La sudafricana e la brasiliana sono diffuse pochissimo, rappresentano lo 0,1%".&nbsp; Così Vittorio Sambri, coordinatore della rete regionale dei laboratodi Covid di microbiologia, fa il punto sul sequenziamento dei primi 200 campioni analizzati nei primi dieci giorni di marzo e provenienti da tutta la Regione. 
Focus&nbsp;<a data-img="/polopoly_fs/1.6161586!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/wide_680/image.jpg" data-img-alt="Covid Emilia Romagna, Bonaccini: calano Rt e curva" data-img-thumb="/polopoly_fs/1.6161586!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/wide_325/image.jpg" data-polopoly-id="1.6161518" data-shortcode="true" data-type="article" href="https://www.ilrestodelcarlino.it/cronaca/covid-emilia-romagna-rt-1.6161518" title="Covid Emilia Romagna, Bonaccini: &amp;quot;Il picco è passato, Rt e curva in discesa&amp;quot;">Covid Emilia Romagna, Bonaccini: "Il picco è passato, Rt e curva in discesa"</a> 
Professore, l’impressionante aumento di contagi delle ultime settimane si spiega con questa percentuale così elevata della variante inglese? «Sì ha attecchito alla grande probabilmente anche perché ha avuto una spinta iniziale consistente. Basti pensare a quante persone sono rientrate dal Regno Unito tra dicembre e gennaio, Paese dove si è manifestata per prima, e quante dal Brasile o dal Sud Africa». 
Come mai si è diffusa così in fretta? «Abbiamo diverse evidenze e lavori scientifici fatti dai colleghi inglesi che dimostrano due cose. La variante inglese dà cariche virali più alte rispetto al virus classico ed è il motivo per cui circola di più. Facciamo un esempio: se il soggetto infettato ha una carica virale alta e starnutisce può infettare di più. Inoltre, è una questione di comportamenti. Il virus mutato si è inserito in un periodo di restrizioni parziali, come quelle di Natale, quando le persone andavano molto più in giro e i comportamenti erano meno prudenti».&nbsp; 
Come prosegue lo studio sulle varianti? «In questo momento, stiamo partecipando allo studio promosso dall’Istituto superiore di sanità per il controllo delle varianti note. L’Emilia-Romagna dovrà analizzare 179 campioni scelti a caso tra i positivi dei vari ambiti territoriali. Finora, il mio laboratorio ne ha analizzati i primi 24, provenienti da Ferrara e dalla Romagna. Li abbiamo testati con la tecnologia del sequenziamento completo del genoma, vuol dire che abbiamo letto tutte le basi che compongono il genoma virale e, in base a quello che abbiamo trovato fino a oggi, abbiamo circa il 90% di presenza di variante inglese in quei campioni». 
Il punto&nbsp;<a data-img="/polopoly_fs/1.6169770!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/wide_680/image.jpg" data-img-alt="La variante New York è stata isolata a Virologia di Torrette" data-img-thumb="/polopoly_fs/1.6169770!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/wide_325/image.jpg" data-polopoly-id="1.6169752" data-shortcode="true" data-type="article" href="https://www.ilrestodelcarlino.it/cronaca/variante-new-york-marche-1.6169752" title="Variante covid New York: identificati nelle Marche i primi due casi italiani">Variante covid New York: identificati nelle Marche i primi due casi italiani</a> 
Allora dall’inizio di marzo la percentuale della variante è in aumento?&nbsp; «Non possiamo dirlo con certezza, perché il numero di campioni finora analizzati, è limitato. Tuttavia, non è azzardato dire che il trend di diffusione possa essere in aumento». 
Perché le altre varianti si diffondono meno? «Probabilmente per una minore capacità di diffusione rispetto a quella della variante inglese che le sovrasta dal punto di vista epidemiologico». 
Quando si concluderà lo studio promosso dall’Istituto superiore di sanità? «Prevediamo di portarlo a termine prima di Pasqua. I risultati verranno inviati al sistema di raccolta dell’Istituto che li metterà insieme a quelli delle altre Regioni e poi stilerà un rapporto finale». 
I numeri dei contagi sono finalmente in diminuzione. Un segnale che porta ottimismo. «Certo, è l’effetto della zona rossa. Ormai sono trascorse tre settimane: il numero di casi sta calando e le curve si stanno appiattendo». 
Ma non è ancora così negli ospedali? «Ci vuole un periodo più lungo per avere gli stessi benefici nelle strutture ospedaliere». 
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