di Paolo Verri
BOLOGNA
"Come banche di credito cooperativo c’è una doppia sfida che abbiamo davanti, una che riguarda il mondo bancario in generale e una che riguarda proprio l’universo delle Bcc". È così che il presidente di Emil Banca e vice presidente della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo dell’Emilia-Romagna, Gian Luca Galletti, inquadra il dibattito che vede le Bcc divise tra le necessità di crescita e di garanzie poste dalla Bce e la necessità di conservare il modello mutualistico e la vicinanza ai territori.
Presidente, quali sono le forze in campo?
"C’è il mondo bancario, e la Bce in particolare, che spinge sempre di più verso le grandi dimensioni e quindi chiede alle banche di essere più grandi, più performanti. Per essere più efficienti si devono chiudere gli sportelli e questo comporta un abbandono di tutte quelle filiali che oggi sono nelle zone interne, più svantaggiate, come gli Appennini e alcune zone della pianura. E questo inevitabilmente crea più diseguaglianza".
Su questo tema ci sono diversi studi, tra cui uno del professor Giuseppe Torluccio, dell’Università di Bologna, che si concentrano proprio sugli effetti della chiusura delle banche sul tessuto economico. A che conclusioni sono arrivati?
"Tanti studi, tra cui appunto quello del professor Torluccio, provano che l’abbandono di quei territori crea diseguaglianza sociale, perché quei territori diventano a loro volta sempre più poveri. Ma noi tutti i giorni abbiamo la dimostrazione pratica che questo avviene. Le aziende, che hanno bisogno del contatto fisico con la banca chiudono e quindi si crea sempre più disparità tra zone ricche e zone povere".
Cosa può fare il credito cooperativo?
"Il compito del credito cooperativo è proprio quello di resistere a questa tentazione e fare bene banca anche nelle zone interne, a costo di perdere un po’ della propria efficienza. Nel Dna delle banche di credito cooperativo, però, per statuto c’è proprio la conservazione e l’investire nelle comunità, no? Questo è il momento di farlo".
Anche all’interno del mondo cooperativo le visioni sono differenti.
"La seconda sfida a cui facevo riferimento è proprio all’interno del mondo cooperativo. Dopo la riforma del 2016, che ha dato vita ai due gruppi che fanno capo ad Iccrea Banca e a Cassa Centrale Banca, la tentazione oggi è quella di far sparire le piccole banche di credito cooperativo e favorire le fusioni con quelle più grandi. Io credo che questo, che non voglio definire un errore, sia tuttavia una cosa da non fare. Anche le banche piccole fra le piccole, con 8 o 10 sportelli, devono rimanere perché anche loro salvaguardano la biodiversità del mondo di credito cooperativo".
Dovrebbe cambiare anche il ruolo di Federcasse?
"Federcasse deve sempre di più salvaguardare, anche rispetto ai gruppi, questa ’biodiversità’. È questa la richiesta che è venuta fuori nel corso dell’ultima assemblea del credito cooperativo a partire dall’intervento di Alessandro Azzi, in qualità di presidente della Federazione lombarda delle banche cooperative".
Le Bcc in questo quadro di che cosa hanno bisogno?
"Le banche di credito cooperativo più grandi, in questo momento, devono essere solidali con le piccole, anche a costo di metterci del proprio".