
Il cuore di Yahya ha smesso di battere nella notte tra mercoledì e giovedì, nonostante l’impegno e le cure ricevute al Sant’Orsola e all’Hospice Bellaria
Bologna, 21 giugno 2025 – Yahya Elkhodary aveva solo 16 anni: è morto l’altra notte, all’Hospice di Bologna. Era arrivato in città circa un mese fa assieme alla mamma e a due sorelline più piccole, mentre il padre è rimasto a Gaza: aveva raggiunto l’Italia tramite un corridoio umanitario per ricevere quelle cure oncologiche non disponibili nella Striscia di Gaza, con la speranza che fosse ancora in tempo per essere salvato. Ma, purtroppo, i medici non hanno potuto fare nulla. Le sue condizioni sono apparse subito disperate, una malattia troppo avanzata per intervenire. In altre parole, era troppo tardi. Ma, se fosse stato curato prima, forse avrebbe potuto vivere. "Non è morto di tumore. È stato ucciso dalla politica genocida israeliana", dice Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii): "Yahya è un martire. È morto a causa di una politica di annientamento che ha distrutto ospedali, bloccato medicinali e negato il diritto alla cura. È stato strappato alla vita da un sistema che ha reso la malattia incurabile una condanna senza appello".
Il giovane è stato circondato dall’affetto dei familiari e dai volontari della comunità islamica fino all’ultimo, e spesso con lui c’erano altri bimbi palestinesi, a tenergli compagnia. Quando la connessione a Gaza lo permetteva (ma spesso non c’era rete), riusciva a parlare con il padre, rimasto là, in videochiamata. Il cuore di Yahya ha smesso di battere nella notte tra mercoledì e giovedì, nonostante l’impegno e le cure ricevute al Sant’Orsola e all’Hospice Bellaria.
Il suo funerale si terrà questa mattina, alle 10.45 al Cimitero di Borgo Panigale. "A Gaza oggi si contano oltre 11.000 malati oncologici privati di ogni possibilità di cura – sottolinea Lafram –. Tra questi, centinaia di bambini. L’unico centro oncologico rimasto operativo è stato bombardato. Il 64 per cento dei farmaci antitumorali è assente. Questa non è una crisi sanitaria: è una scelta politica, è parte di un disegno di distruzione sistematica del popolo palestinese".
Yahya è uno dei tantissimi bambini "che non hanno potuto ricevere cure nella loro terra a causa del blocco israeliano e del bombardamento degli ospedali – spiega Lafram –. Ha raggiunto Bologna con un filo di speranza. Ma era già troppo tardi. È morto lontano da casa, in terra straniera. È un martire, vittima innocente di un crimine collettivo. Il funerale sia un momento di denuncia pubblica. Invito tutti, musulmani e non, a partecipare. Il silenzio, oggi, è complicità".