Dal Giappone pagine nuove sull’ecologia

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La stagione sinfonica del Comunale propone questa sera (Auditorium Manzoni, ore 20.30) un concerto diretto da Marco Angius (foto), presenza sempre più frequente a Bologna (e, fra parentesi, nipote di quel Fulvio Angius che negli anni ’60-’70 e di nuovo negli anni ’80 fu per due lunghi periodi apprezzatissimo maestro del coro in teatro). Marco Angius è un direttore di riferimento per il repertorio classico del nostro tempo: i titoli operistici contemporanei messi in scena dal Comunale nell’ultimo ventennio sono stati quasi tutti affidati a lui, ed altri sono in arrivo. Cinquant’anni fa, vedersi la carriera indirizzata su questa strada ostica e disagevole – anziché verso il grande repertorio del passato – poteva essere considerata quasi una ‘punizione’ artistica; ma oggi?

Maestro, oggi è una scelta?

"Più che una scelta, una vocazione, anche se rispetto a 50 anni fa sono molto cambiati i parametri su come intendere i rapporti fra musica del presente e del passato. Dal mio punto di vista sono due entità collegate, sebbene la ‘musica d’oggi’ – con qualche eccezione – può considerarsi un mondo a sé rispetto alla ‘musica classica’ comunemente detta. Personalmente, quando dirigo musica classica adotto criteri, per così dire, contemporanei, così come quando faccio musica d’oggi mi è molto utile l’esperienza sul passato, cioè su una musica che non deve soltanto essere eseguita ma anche interpretata. E l’interprete è colui che offre una lettura inedita, vorrei dire inaudita di una composizione che già conoscevamo: come l’archeologo che scava per cercare dettagli ignoti del passato".

E di fronte a una partitura nuovissima? "Il primo passo è certamente capire a quale mondo sonoro appartiene, in un’epoca come la nostra in cui non c’è più uno stile compositivo comune. La suite Erdbeben. Träume, cioè Terremoti. Sogni di Toshio Hosokawa (una nuova commissione dell’Accademia Filarmonica di Bologna, di cui proponiamo questa sera la prima esecuzione assoluta), è una scelta di pagine dall’opera omonima presentata a Stoccarda nel 2018, dedicata alle vittime del terremoto e dello tsunami in Giappone nel 2011: un’opera sull’ecologia, sui grandi movimenti climatici e le tremende conseguenze che ne derivano, nella quale alla scrittura musicale rigorosissima fanno riscontro visioni molto sfumate. I quattro movimenti della suite sono infatti altrettante immagini ambientali tradotte in musica, come l’elemento acquatico che pervade il secondo pannello, ricreato attraverso un uso particolare delle percussioni. Quasi un ‘poema sinfonico’ alla maniera antica, dunque, ma il cui sottotesto letterario rimane occulto, preferendo l’autore riferimenti esterni quasi astratti".

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