Dal Quattrocento disseta la città E la sua acqua alimentò il Nettuno

La sorgente già nel 1497 serviva a irrigare gli orti di Palazzo Bentivoglio. Nel 1932 crollò per incuria

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di Luca Orsi

La Fonte Remonda (o del Remondato) è una delle cisterne che, un tempo, alimentavano le fontane di piazza. Già nel 1433 le sue acque sorgive sono utilizzate per alimentare una fonte pubblica davanti all’Ospedale della Morte, poi demolita.

"Nel 1497 – scrive Angelo Zanotti in ‘Fontane e acque’ (Persiani editore) – viene derivata una conduttura per fornire acqua alla zona ortiva del Palazzo Bentivoglio", che occupava l’area fra le vie Zamboni, de’ Castagnoli, Belle Arti e del Guasto.

Il termine Remonda deriva da re-mondare, mondare, pulire. È legato a una delle funzioni della conserva, cioè quella di fare decantare le acque sotterranee in più vasche comunicanti, per poi farle confluire, purificate, in una vasca finale.

Nel mese di agosto del 1564 le acque provenienti dalle sorgenti Remonda (e Valverde, i cosiddetti Bagni di Mario) iniziano a zampillare dalle cannelle della fontana di piazza Maggiore, su cui due anni dopo sarà issata la statua del Nettuno. Anche la Fontana Vecchia di via Ugo Bassi sarà alimentata dall’acqua della Remonda.

Già nel Medioevo la fonte era composta, come oggi, da due ambienti. Uno con la cisterna per il prelievo. L’altro, riservato alla sosta e ai movimenti dei carri che avrebbero trasportato l’acqua.

Per iniziativa di Quirico Filopanti, alla fine del 1885 nel piccolo piazzale antistante la conserva "viene installato il cannone che, sparando a salve, indicava il mezzogiorno", racconta Zanotti. Crollata nel 1932 per incuria, la conserva – cui oggi si accede scendendo una scala in via Codivilla – rimane un rudere fino al 1960, anno del restauro voluto dal Comune, realizzato dall’architetto Franco Bergonzoni.

La Remonda ha un complicato sistema idraulico, esteso e in parte nascosto. "La fonte – scrive Massimo Brunelli in ‘Fontane e acque’ – è composta da due sezioni, ben distinte e separate, una esterna e l’altra sotterranea, ancora oggi collegate tramite un cunicolo in volta di mattoni" che passa sotto via Codivilla.

Nel vano di sinistra della fonte si trova acqua limpida che fuoriesce "da una coppia di bassi voltini posizionati, in sequenza, sulle pareti di fondo, recettori in laterizio dell’acqua sorgiva di San Michele in Bosco".

Nella vuota nicchia di destra si osserva un medaglione in arenaria appeso al muro di levante. Resta uno dei pochi frammenti

superstiti del preesistente edificio cinquecentesco.

Luca Orsi

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