Di Battista piccona il Pd: "Di destra come Fd’I"

L’ex grillino al Festival di Tpi: "Qui i dem non possono neanche evitare di votare Casini". E annuncia: "Fondo un’associazione civica"

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di Rosalba Carbutti

"Ogni volta che Enrico Letta apre bocca, c’è chi si convince a votare Giorgia Meloni". Alessandro Di Battista, ieri ospite alla prima giornata di Tpi Fest, il festival di The Post internazionale in piazza Lucio Dalla, non risparmia strali al Pd "che ha candidato Luigi Di Maio", ma non si sbilancia su chi voterà il 25 settembre. Di fronte a una platea accogliente, vicina alle posizioni grilline ma anche a quelle della Cgil che qui mercoledì ha ospitato l’assemblea del sindacato con Maurizio Landini, l’ex stellato ha affilato le armi. Primo bersaglio proprio il Pd, "partito di estrema destra come Fratelli d’Italia, ma alle urne voteranno il più coerente", dice dal palco intervistato dal direttore del settimanale Giulio Gambino. Lo sguardo va al 25 settembre, a Bologna, dove anche "chi legittimamente si sentirà di votare Pd, non potrà nemmeno avere la libertà di decidere di non votare Pier Ferdinando Casini". Per il resto l’intervento di Di Battista è un affondo continuo. Che spazia dalla classe politica "che non ha coraggio e non vuole prendere posizione" alla politica estera, centrale nella vita fuori dai Palazzi del Dibba nazionale. E, quindi, nel ribadire la contrarietà a inviare armi in Ucraina, alla necessità di una via diplomatica, attacca tutti coloro che l’hanno definito ’filo putiniano’. Non sono mancate critiche al ministro della Difesa Lorenzo Guerini "primo responsabile della guerra in Ucraina" e anche a Mario Draghi.

Piatto forte del menu attacchi ai poteri forti, "all’imperialismo americano" e soprattutto alla "politica dei compromessi al ribasso". Fa un riferimento a Pier Luigi Bersani – intervenuto al festival prima di lui – "è simpatico. Ma proprio per questo come fa a votare il Pd?", e mentre la platea annuisce, passa ad attaccare anche i sindacalisti. Sindacalisti "che escono dal sindacato e si candidano in un posto blindato" come Susanna Camusso, ex leader della Cgil. Sullo sfondo, ma non troppo, c’è il Movimento 5 Stelle e la sua candidatura mancata alle Politiche.

"Avevo chiamato Giuseppe Conte, ci siamo parlati. Ma abbiamo convenuto, viste la distanza e le resistenze interne al Movimento che era meglio che non mi candidassi. In ogni caso, senza Conte il M5s prenderebbe il 3 per cento...", dice ’assolvendo’ il leader stellato. Questo non significa, però, che per Dibba la politica sia una storia conclusa. "Fonderò un’associazione civica di cittadini, dopo il voto. Ho la capacità di aggregare le persone, potrò fare il megafono. La politica non si fa solo nei Palazzi", promette. Un M5s 2.0, ma che guarda alle origini? "No, fare un’associazione non significa rifare la stessa cosa fatta col Movimento".

Infine, un piccolo capitolo è all’Emilia-Romagna dove il Movimento è nato e dove partì tutto col ‘vaffa day’.

"Credo che quella linfa vitale ci sia ancora", è la convinzione. Ma sulla girandola degli addii agli stellati, come quello di Massimo Bugani passato ad Articolo Uno, taglia corto: "Non entro nella storia dei singoli consiglieri comunali, sono fuori dalla politica da qualche anno...", conclude prima di concedersi ai selfie.

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