Diritti: "Il coraggio di don Fornasini mi toccò"

Il sacerdote di Monte Sole sarà beatificato. Il regista nel suo film ‘L’uomo che verrà’ ripercorre i giorni drammatici dell’eccidio

Il regista Giorgio Diritti

Il regista Giorgio Diritti

di Massimo Selleri

Nel film del regista Giorgio Diritti ‘L’uomo che verrà’, vengono raccontati i fatti antecedenti della strage di Marzabotto del 1944. La protagonista è Martina, una bambina che si salverà rifugiandosi nella canonica di don Giovanni Fornasini. Diritti si è lungamente documentato su quel periodo e questo gli ha consentito di rappresentare precisamente la figura del nuovo beato.

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Diritti, quale aspetto della storia di don Fornasini l’ha colpita di più?

"La dimensione del coraggio. Ho avuto occasione di leggere la sua storia insieme a quella di don Ubaldo Marchioni e di don Elia Comini. Di tutti loro si colgono elementi molto forti. Il primo è quello di aver ben chiaro da che parte bisognava stare e poi la forza di giovani sacerdoti che, alle loro prime esperienze pastorali, hanno comunque saputo essere un grande riferimento per la gente delle loro parrocchie e hanno anche avuto una grande energia nel difendere i contadini e gli altri civili. Sono preti che sono entrati nella Resistenza senza essere violenti o armati. Hanno avuto un l’atteggiamo di chi vuole risolvere il male che affligge gli altri senza esercitare una reazione violenta. Non è così scontato perché spesso davanti ad una ingiustizia così grande la prima reazione è la vendetta. L’altro elemento è la determinazione di don Fornasini nel difendere sempre gli ultimi e in particolare delle donne che i soldati tedeschi volevano molestare".

Come si è documentato?

"Il primo impatto è stato il libro di monsignor Luciano Gherardi intitolato ‘Le querce di Monte Sole’, dove sono ben decritti questi sacerdoti. Poi abbiamo anche intervistato i figli dei pochi superstiti a quella strage. Questo ci ha consentito di incrociare le testimonianze dirette. E’ vero che il ricordo di queste figure è ancora molto vivo, soprattutto per il fatto che potevano salvarsi. Don Comini quando gli proposero la liberazione disse chiaramente che se veniva liberato lui dovevano essere liberati tutti".

E’ vero che per i testimoni i sacerdoti erano già santi?

"Difficile rispondere a questa domanda perché il ricordo è legato a un momento molto doloroso e difficile da superare. Sono state sicuramente persone coerenti con la propria fede e con la propria vocazione sacerdotale. Hanno avuto la coerenza di avere un atteggiamento di amore incondizionato verso l’altro al di là di tutte le difficoltà. Sono stati davvero dei pastori che si sono presi cura del loro gregge e questo ci dice anche che ci sono tanti santi che non conosciamo e che non riceveranno questo riconoscimento".

Un esempio da seguire.

"Questo è uno stimolo per noi e significa che tutti noi possiamo essere come don Fornasini se ne seguiamo l’esempio, il che significa applicare la nonviolenza e preoccuparsi prima degli altri e poi di noi stessi".

La protagonista Martina, secondo lei, sarebbe contenta per questa beatificazione?

"Sicuramente si. Martina è un personaggio che raccoglie tutti quei bambini che sono sopravvissuti e con il suo silenzio dà voce a quelli che sono stati uccisi. Tutte le testimonianze che abbiamo sentito ci dicono che questi sacerdoti avevano un animo profondamente buono, accogliente e comunque positivo. Questo riconoscimento da parte della Chiesa arriva in ritardo rispetto a quella medaglia al valor militare che don Fornasini ricevette, ma è la testimonianza che il bene fatto non viene mai dimenticato".

Si è fatto una idea di come sia stata possibile quella strage?

"Credo che non ci sia una ragione. Gli stessi superstiti o i loro figli non se lo spiegano. Normalmente i civili venivano rastrellati e poi trasportati in luoghi di prigionia dove dopo un paio di giorni venivano liberati. A Monte Sole questo non accadde e il ‘come mai’ probabilmente non lo sapremo mai".

 

 

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