Dozza, alta tensione: morto detenuto positivo

Vincenzo Sucato, 76 anni, era ricoverato al Sant’Orsola dal 26 marzo, trasferito dalla sezione Alta sicurezza. Altri due contagiati

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Vincenzo Sucato aveva 76 anni. Era alla Dozza, detenuto nella sezione ‘Alta sicurezza’ del terzo piano giudiziario. In attesa di giudizio, con una richiesta di condanna a 16 anni e 8 mesi per associazione mafiosa nell’inchiesta Cupola 2.0, il boss di Misilmeri è morto a mezzanotte di giovedì al policlinci Sant’Orsola, dove era ricoverato dallo scorso 26 marzo. Si era sentito male nella sua cella della Dozza, accusando subito i sintomi di quello che sembrava, e che è stato certificato essere, Coronavirus. Dopo un primo ricovero nel reparto di Medicina d’Urgenza, Sucato era stato trasferito prima al reparto Covid e poi, tre giorni fa, visto che le sue condizioni si erano ulteriormente aggravate, era stato spostato alla Terapia intensiva, dove ieri notte è morto. Aveva patologie pregresse e, in questio giorni di ricovero, era stato messo ai domiciliari nel reparto. Da cui non è più uscito. è il primo detenuto morto in Italia per Covid-19.

Se la situazione, alla casa circondariale Rocco D’Amato, era già esplosiva dopo i disordini del mese scorso con la rivolta dei detenuti del Giudiziario che avevano messo a ferro e fuoco il padiglione, adesso la morte di Sucato ha acceso la miccia. Ieri mattina, della situazione del carcere si è discusso in un’udienza conoscitiva del Comune, su richiesta della consigliera leghista Francesca Scarano, alla presenza della direttrice dell’istituto Claudia Clementi. "Ad oggi i detenuti positivi sono due, entrambi asintomatici e in isolamento, e altri quattro che hanno avuto contatti con loro sono in isolamento fiduciario", ha spiegato la direttrice del carcere, puntualizzando che "sono stati eseguiti 150 tamponi, di cui 58 agli agenti e 92 ai detenuti". Anche un poliziotto è risultato positivo, "a causa di un contatto personale non legato al lavoro, ed è in quarantena, e oltre a lui altri tre poliziotti sono in isolamento", ha detto ancora la Clementi, spiegando che la "situazione è monitorata".

Di tutt’altro avviso i sindacati della polizia penitenziaria, per cui "i tamponi effettuati sono una goccia nel mare, se si considera che alla Dozza, dopo i trasferimenti legati alla rivolta, ci sono ancora ben 600 detenuti. Per tutelare noi e loro, chiediamo consideri anche noi per i test sierologici", come ha spiegato il Sinappe. "Una situazione al collasso, che segnaliamo da settimane, come la mancanza di presidi per gli operatori e l’inadeguatezza dei reparti, in particolare dopo i danni del 9 marzo", aggiunge Fabio De Castro, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Sappe.

Il sospetto dei poliziotti, infatti, è che i casi di infezione nel carcere, dove i due piani della sezione infermieria sono diverntati una sorta di ‘reparto Covid’ siano ben più di due. Al terzo piano del giudiziario, dove si trova la sezione ‘Alta sicurezza’ e dove era detenuto Sucato, adesso i detenuti sono stati spostati. Uno per cella, per evitare contagi. "Mio padre – racconta il figlio di un sessantaquattrenne, detenuto in quella sezione – ci ha telefonato mercoledì, dicendo che il suo compagno di cella era risultato positivo e che lui e altri 15 detenuti sono stati isolati in un’altra sezione, che è inagibile, e messi dentro stanze distrutte, senza disinfettanti, mascherine o guanti. Una situazione straziante: mio padre deve scontare altri 5 mesi. Noi familiari, se gli succedesse qualcosa, riterremo responsabile la direzione". Anche la figlia di una detenuta ha denunciato un’analoga situazione avvenuta al femminile.

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