Due serate con la voce sorprendente di Samara Joy

La giovane artista stasera e domani al Camera Club con il suo Trio: un tocco autentico che nasce lontano

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Samara Joy? Destinata alla grandezza. È quanto si sussurra nella Manatthan che trabocca musica. Questione di ’instinctive grasp’, ovvero adesione istintiva per quello che di trascendentale può regalare il jazz nei vocalizzi di Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald, vestali che trapassano tempo e mode. Chiunque citi la cantante ventiduenne ispirata dalla black music fin dalla culla sottolinea pure che il talento conta, ma che il milieu culturale in cui si è allevati e le amicizie fanno il resto. La giovane star che stasera e domani è in concerto dalle 22 al Camera Jazz & Music club di vicolo Alemagna con il suo trio (Ben Paterson al pianoforte, Mathias Allamane al contrabbasso e Malte Arndal alla batteria) terrà ogni spettatore sotto tiro. Alla fine ciascuno si porterà a casa un frammento, un senso infilato sotto la pelle. Il fatto che Samara Joy nel 2019 si sia aggiudicato il concorso ’Sarah Vaughan International Jazz Vocal’ sovvertendo i pronostici della critica può apparire straordinario, ma un flash back mette in fila i tasselli. Cresciuta in una famiglia di cantanti gospel newyorkesi, sono stati i compagni del college a presentarla alle dive del song book americano. "I miei amici erano tutti appassionati di jazz –ricorda Samara, classificata sulle ribalte importanti come ’Ella Fitzgerald Scholar’ –. È anche grazie al loro tifo che Ella e Sara hanno iniziato a condividere le loro registrazioni preferite con me. L’Insegnamento che ne ho tratto? Libertà ritmica, dizione chiara, messa al bando dei manierismi. Il punto di svolta è stato quando ho sentito sia la versione di Sarah Vaughan di ’Lover Man’ che le registrazioni di Tadd Dameron con il trombettista Fats Navarro: ne sono rimasta… agganciata". E la favola è decollata.

Gian Aldo Traversi

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