"È stato traumatico, ma ho ritrovato gli amici"

Giovanni è uno dei ragazzi coinvolti nella prova. La prof: "Arrivati a giugno. avevano cambiato volto"

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La partenza, a gennaio-febbraio, è stata quanto meno ostica: "I ragazzi hanno mal sopportato il dover spegnere il cellulare in classe, percependo questa scelta come una punizione, visto che erano gli unici in tutta la scuola". Poi l’arrivo, a giugno, una rivoluzione: "Gli studenti hanno cambiato volto. All’intervallo hanno ripreso a parlarsi, a relazionarsi, a trovarsi alla macchinetta. Lo studio e l’attenzione in classe ne hanno guadagnato e loro hanno compreso che il tempo trascorso sul cellulare è come se gli prosciugasse energie". Chi parla è Federica Mazzoni (foto), prof di Italiano e latino al liceo Malpighi che, lo scorso anno scolastico, insieme alla sua terza, ha sperimentato il divieto di cellulare in aula. Con la consegna dei 26 smartphone all’ingresso in aula e la loro restituzione all’uscita. "Perché solo noi?" era il refrain che riecheggiava in quella terza dove i telefonini dovevano restare muti per sei ore. "Abbiamo avviato una riflessione con gli studenti affinché comprendessero che non era una punizione, bensì un esperimento – ricorda la docente –. Piano piano i ragazzi hanno capito che il nostro intento era di aiutarli a recuperare una relazione tra loro, riducendo l’uso del cellulare".

Una riflessione che ha dato frutto. "All’inizio – racconta Giovanni, uno dei 26 studenti che ha sperimentato il detox da cellulare – mi è parso molto strano, quasi traumatico. Poi, siccome mi è sembrata una proposta pensata per il mio bene, mi sono fidato". Risultato? "E’ andata molto bene. Mi ha fatto vedere amici che avevo sempre sotto gli occhi e che prima non vedevo. Ho conosciuto ragazzi che ora sono i miei migliori amici. Tutto questo mi ha aiutato molto". Il cellulare "distrae: nello studio mi perdevo un po’". Ora no anche perché "se mi concentro sul cellulare mi perdo tutto il resto". Soprattutto dopo la dad, osserva la prof, "quando siamo rientrati in presenza, i ragazzi non si cercavano proprio". Alla prima occasione "prendevano il cellulare" e il volto si piegava sullo schermo luminoso. E così il non avere in mano il cellulare, "li ha obbligati a occupare quel tempo in modo differente". Come? Parlandosi. Certo nessuno nasconde che "la dipendenza dal cellulare è molto forte: è, di fatto, un prolungamento della loro mano". Al punto da diventare "un’emergenza senza precedenti: il livello di dipendenza raggiunto dai ragazzi ci deve far riflettere, è inquietante. Come scuola – avverte la docente – non possiamo far finta di niente e dire non ci riguarda: vanno assunte decisioni radicali".

f. g. s.

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