
di Riccardo Rimondi
Il 29 maggio 2019, il cda di Seci delibera il ricorso al concordato preventivo con riserva. Fino a quel momento, la holding del gruppo Maccaferri è a capo di una galassia da oltre un miliardo di euro di fatturato equasi 5.000 dipendenti nel mondo. Ma non ha ancora depositato il bilancio 2018 e, a questo punto, non lo depositerà in più. Due giorni dopo la domanda di concordato arriva in Tribunale insieme a quelle di Seci Energia, Sadam, Sapaba, Felsinea Factor, Enerray, Exergy, Energia Vulture e Sebigas, seguite a inizio dicembre da sei divisioni della Samp. Il 13 febbraio la Procura chiede il fallimento di Seci: il patrimonio netto al 30 settembre 2019 è negativo per 120 milioni.
A mettere in ginocchio il gruppo un debito da 750 milioni di euro verso le banche (tra cui Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Unicredit, Cassa Ravenna, Bper) e verso i detentori di bond emessi negli anni (il più grosso è quello da 200 milioni di Officine Maccaferri), e una crisi che ha colpito, negli anni, diversi settori su cui il gruppo aveva puntato per diversificare. La difficoltà strututturale dello zucchero, innanzitutto, con la vendita di Eridania ai francesi di Cristal Union. Proprio con lo zucchero del colosso Eridania-Sadam, nel 2003, i Maccaferri avevano rotto uno storico tabù: per la prima volta la famiglia aveva aperto le porte di una sua azienda a partner finanziari, nello specifico Meliorbanca e Virtus Capital. In poco meno di vent’anni la situazione si è ribaltata e ora Seci si appresta, con il piano di concordato presentato a fine marzo di quest’anno, a cedere la maggioranza di Officine Maccaferri e Samp ai fondi e a uscire – con l’eccezione del Sigaro Toscano – da tutte le altre controllate.
Più dello zucchero, però, hanno pesato le difficoltà dell’energia. C’erano diversi progetti in ballo. Tra questi la realizzazione in Brasile del parco eolico più grande del Sudamerica, a cui Exergy lavorava insieme ad Enel Green Power prima che la crisi colpisse il Paese. L’investimento non va bene, Exergy chiude il 2017 con un rosso di 5,12 milioni. Oppure l’investimento di Seci Energia nell’idroelettrico in Serbia, il cui ritorno economico è stato ridimensionato dal crollo del prezzo del petrolio. Ma anche l’ultimo bilancio di Enerray, sempre del 2017, vede una perdita di oltre 10 milioni. Risultato, ora Maccaferri vuole uscire dall’energia: il 25 settembre Exergy è stata comprata all’asta in Tribunale, per 16,05 milioni di euro, dai cinesi di Nanjing Tica Thermal Solution, che poi hanno comprato (per 840mila euro) anche Sebigas. E a inizio luglio Lt Rinnovabili ha rilevato Enerray per 1,5 milioni.
La crisi dell’edilizia ha messo in difficoltà anche un altro ramo storico di Maccaferri. Il 10 luglio il Tribunale ha dato l’ok al piano di concordato presentato da Sapaba: la società sarà ceduta a pezzi, salvaguardando le maestranze. Anche Seci Real Estate, in bonis, seguirà una strada simile: il piano della holding Seci prevede di vendere l’intero patrimonio immobiliare, compreso Palazzo Zambeccari (di Finim Spa). Da capire cosa succederà con gli immobili di Sei, l’azienda il cui capitale sociale è stato sequestrato: la cessione del patrimonio immobiliare (che comprende la sede di Seci in via degli Agresti, quella di Zola Predosa di Officine Maccaferri e Seci Energia, piazza Galileo dove c’è il bar Bios e la sede di Bentivoglio, dove c’è Samp, più altri asset a Roma) era uno degli elementi del piano di Seci. Anche l’agroalimentare seguirà la strada di progressive dismissioni.
Oggi la famiglia Maccaferri ha ancora la maggioranza del Sigaro Toscano, i cui utili serviranno a coprire l’esposizione debitoria. E, se il piano presentato a fine marzo andrà a buon fine, Seci rimarrà con una quota di minoranza nei due asset fondamentali del gruppo: il 4% Officine Maccaferri, che passeranno sotto il controllo dei fondi Carlyle, Man Glg e Stellex Capital Management, pronti a immettere 60 milioni nella società, e circa il 10% in Samp, che finirà a sua volta sotto il controllo di Carlyle e di Muzinich. Officine e Samp, le due perle, hanno subito i contraccolpi di quello che succedeva negli altri rami dell’impero. Officine Maccaferri ha visto peggiorare il rating, dopo aver chiuso il bilancio 2018 in rosso (e a maggio di quest’anno è entrata in concordato). Samp ha visto un crollo del fatturato nel 2019: in assenza di bilanci ufficiali, si parla di ricavi scesi da 45 milioni a 27 per Sampsistemi, da 25 a 17 per Samputensili Machine Tools, da 18 a 15 per Samputensili Cutting. Sampingranaggi (a cui punta anche il gruppo Bonfiglioli) è rimasta stabile.