Elisa Mishto e ‘Stay still’ "L’arte del non fare niente, una lezione del lockdown"

All’Antoniano l’anteprima del film ‘stoppato’ dal virus: "Una beffa del destino. Ma questa attesa mi ha insegnato a riflettere sulle cose davvero importanti".

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di Benedetta Cucci

Come tanti film in uscita tra marzo e maggio, anche Stay Still di Elisa Mishto, previsto nelle sale ad aprile, ha dovuto accettare lo stop del lockdown. E quando è successo, per lei si è anche trattato di rivedere quel cammino che l’ha portata al suo debutto registico in 12 lunghi anni. "Dopo tanta fatica – racconta la regista quarantaduenne originaria di Reggio Emilia, che 20 anni fa è andata a studiare a Berlino, lasciando Bologna, per non fare più ritorno in Italia – mi sembrava una beffa del destino, ma poi l’isolamento mi ha fatto ricredere su questa attesa". Oggi alle 21 Elisa Mishto (che tra gli attori è riuscita ad avere Giuseppe Battiston e Jürgen Vogel) sarà al cinema Antoniano con Apparat, al secolo Sasha Ring, star della musica elettronca internazionale e amatissimo per le sue colonne sonore, tra cui Il giovane favoloso di Mario Martone.

Elisa Mishto, nel titolo da lei scelto per raccontare questa storia di due donne molto diverse che si incontrano in una clinica, c’è forse il sunto di un atteggiamento esistenziale col quale ci siamo dovuti confrontare tutti durante il lockdown. "Stay Still", ovvero "Non fare nulla"... ma lei quando ha scritto e finito il film non poteva saperlo... In questo titolo sta la filosofia della protagonista, il manifesto del non fare niente, di chi si rifiuta di partecipare attivamente alla vita sociale, economica e produttiva soprattutto. E’ la sua forma di protesta ed è per questo che non lavora, non ha amici, non esce, è un personaggio quasi magico.

"Un atto politico. Proprio così, contro l’attivismo del consumismo, dell’iperproduzione, dell’essere e fare parte di una società basata su una produzione e un consumo. Il personaggio principale si chiede che senso abbia, quanto sia giusto e quali potrebbero essere le alternative".

Dopo tutto quello che è successo, questa sembra essere una riflessione primaria.

"Confesso che una delle cose più interessanti che ho sperimentato nel fare questo film è che dodici anni fa, ma anche solo treanni fa, quando insistevo su questa riflessione esistenziale, a tanti dava fastidio"

Perché?

"Davano per scontato che il mondo andasse bene così, ci fosse ricchezza per tutti in un ambiente di benessere generale dove si può consumare e tutto ciò che rema contro è noioso. Durante il lockdown tante persone, anche quelle che avevano lavorato al film, mi hanno scritto o chiamata dicendomi che si sentivano come la protagonista, soli o sole a casa, e che dopo il primo momento di panico confessavano di aver riflettutto sulle cose davvero importanti per la loro vita".

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