"Entrate in un mondo in miniatura"

Fabrizio Lollini, docente all’Alma Mater, in diretta Facebook per gli Uffizi racconta l’arte antica a Bologna

Migration

di Martina Spaggiari

"Se potessi scegliere, ora che i musei stanno riaprendo, farei una mostra a Bologna con pezzi molto diversi, avori, manoscritti, tele, sculture, per creare un percorso dal Medioevo al Cinquecento che restituisca una ‘rievocazione visiva’ delle opere, il contesto in cui erano fruite".

Fabrizio Lollini, professore all’Alma Mater dove insegna Storia dell’arte medievale e Storia della miniatura, riflette così su quello che è accaduto in quest’anno di lockdown alla nostra ‘idea’ di cultura.

Perché proprio una mostra così, tra le tante possibili?

"Perché abbiamo scoperto che quello che ci manca non è la visione di un’opera, pur sempre possibile su internet, ma l’idea della funzione dell’oggetto artistico. Un manoscritto ha bisogno di essere affiancato dalla spiegazione (dalla ‘presenza’, quasi) di chi lo usava e perché. La tomba di un glossatore era collocata in uno spazio, e la statua aveva un determinato pubblico. Oggi si vede l’opera quasi sempre attraverso la riproduzione, l’occhio ‘fotografico’, così il piccolo avorio e la grande pala d’altare sembrano quasi uguali. Invece di fatto vengono snaturati dalla mancanza di contesto e prospettiva. Insomma, la Cappella Stistina non è stata fatta per essere vista a distanza ravvicinata... E non è un particolare secondario".

Eppure oggi la ‘cultura a distanza’ è diventata, oltre che una necessità da pandemia, un piccolo must.

"Vero, ma se in una conferenza è un metodo accettabile, soprattutto in caso di opere comunque non accessibili, come ad esempio i manoscritti, nella didattica questo squilibrio prodotto dalla distanza si avverte molto. Sia da parte dei docenti che degli studenti".

Se anche i musei sono (momentaneamente) riaperti, le occasioni in streaming restano troppo importanti per lasciarle da parte. Così Lollini domani è stato invitato agli incontri organizzati dagli Uffizi (in diretta Facebook alle 17 sul canale delle gallerie fiorentine) sul tema Capolavori su carta. Pittura e miniatura a Bologna prima di Raffaello.

Professore, la ‘Santa Cecilia’ di Raffaello arriva in città intorno al 1514-16, ma sotto le torri la cultura viveva di vita propria...

"Certo. La Bologna dei Bentivoglio era piena di arte, politica e passione, vivendo questa dualità costante tra la signoria di fatto e il potere papale. Reti nobiliari, matrimoni, alleanze con altri casati e intrighi. Non mancava proprio nulla. Anzi, la magnificenza dei palazzi e delle corti primeggiava in Emilia. Basta pensare al ciclo di Ponte Poledrano (il castello di Bentivoglio) con le Storie del pane che raccontano il buongoverno dei signori".

Eppure la loro storia sembra dimenticata, se non dagli storici, certo dall’immaginario collettivo.

"È la sfortuna dei Bentivoglio. Dopo la loro cacciata da parte del Papa e la distruzione del Palazzo, il patrimonio ‘fisico’ viene completamente disperso. Non è rimasto particamente nulla, a parte la cappella in San Giacomo Maggiore e la Cappella di Santa Cecilia. Non c’è di loro un’immagine ‘feticcio’, come ad esempio il Castello di Ferrara. I Bentivoglio sembrano un po’ una ‘presenza cancellata’, al punto che per il 500esimo della loro cacciata non è stato fatto praticamente nulla".

Ma sotto il loro governo gli artisti, da Lorenzo Costa a Francesco Francia, e le committenze si affollano.

"Ci restano infatti le loro opere, le tele, le pale d’altare e le miniature, che in questo senso ci danno la ‘temperatura’ dello stile a Bologna, quel ‘classicismo prematuro’ così importante e tipico della città".

Perché proprio le miniature?

"Perché dalla fine del ’300 fino al ’500 questi oggetti di lusso diventano collettori dell’autocelebrazione del signore di turno. In particolare il Libro dell’Ore di Giovanni Bentivoglio e il Libro delle Ore Ghisilieri (il primo a New York e il secondo a Londra) esprimono forme eleganti, pulite e bilanciate. Le stesse che si trovano nelle opere su tela e che sono già qui, in forme autonome".

È difficile pensare a un manoscritto miniato come a un quadro su tela.

"Invece spesso la mano era la stessa. Verso la fine del ’400 la miniatura tende a diventare una sorta di ‘pittura in piccolo’, perdendo la caratteristica di decorazione libraria e aprendo a nuove produzioni. Insomma, il pittore celebre, per esempio Lorenzo Costa, faceva un ‘piccolo quadro’ che poi veniva inserito e integrato nella pagina. In questo senso le ‘Ore’ Ghisilieri sono una vera e propria raccolta dei più celebri artisti dell’epoca, Perugino compreso. Lavorare a Bologna, ben prima di Raffaello, era una committenza importante".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro