Bologna, eredità contesa. Sarà riesumato il corpo dell'imprenditore Stefanelli

Lasciò milioni ai frati, poi spuntarono due figlie. Fissata l’udienza per la nomina di un Ctu

Gino Stefanelli

Gino Stefanelli

Bologna, 8 gennaio 2020 - La storia è pronta per essere riscritta. La salma di Gino Stefanelli sarà riesumata e i campioni biologici verranno comparati con quelli delle due donne che oggi sostengono di essere sue figlie legittime. Ergo, beneficiarie della milionaria eredità che l’imprenditore bolognese, morto il 3 ottobre 2016, ha lasciato all’Opera Padre Marella, ai frati predicatori che abitano il convento del Centro San Domenico e all’Ant. "La scienza – spiega l’avvocato Lorenzo Casanova, che attraverso un atto di citazione depositato l’estate scorsa, aveva fatto emergere il caso – ci dà ottime percentuali per arrivare alla verità...". Un punto fermo, intanto, c’è già: fissata per il 22 gennaio l’udienza davanti alla prima sezione civile per la nomina del Ctu che procederà con gli accertamenti di laboratorio. Riavvolgiamo il nastro.

Il 3 ottobre 2016, l’imprenditore Gino Stefanelli, classe 1928, senza lasciare figli superstiti e libero da vincoli matrimoniali, muore. Prima di quel giorno, però, lascia le sue ultime volontà impresse in due testamenti olografi: il 14 settembre 2013 – in calce modificato il 28 ottobre 2015 – e il 25 aprile 2016. Tre gli eredi: la Provincia San Domenico in Italia, la Fondazione Ant di Bologna e la Fraternità cristiana Opera di Padre Marella ‘Città dei ragazzi’ con sede a San Lazzaro. Dopo la nomina del curatore, e le mille procedure burocratiche, ottenuta l’accettazione dei tre eredi, il 23 ottobre 2017 si conclude poi l’intero iter.

Ma ecco apparire sulla scena le due presunte figlie di Stefanelli convinte, fino al decesso dell’imprenditore, che il loro papà naturale fosse un altro. A fare scricchiolare le loro certezze prima sarà una lettera, scritta dalla madre, che le mette al corrente dell’amara verità. Ovvero, entrambe sono nate da una relazione extraconiugale con un altro uomo. Il 4 febbraio 2019, con sentenza passata in giudicato, e con l’ultima parola data dalla prova del Dna, è il tribunale a non lasciare più dubbi, dichiarando che "il padre biologico non è ...". Al Comune viene ordinato di procedere al disconoscimento dello stato di paternità, mentre il resto lo racconterà la madre: la relazione con il suo ex capo, Gino Stefanelli. Due mesi scarsi alle sue dipendenze, poi la decisione di dimettersi per "l’intenso corteggiamento che sin da subito – si legge dagli atti – Stefanelli avanzò nei confronti della lavoratrice".

Nonostante le dimissioni, "lui però continuò a cercarla", fino alla nascita di "un’amicizia che presto sfociò in un rapporto d’amore" che andrà avanti per "quasi vent’anni", durante il quale diede alla luce le due figlie. Alle quali, però, "nate in costanza di matrimonio", venne attribuito il cognome del marito. Solo dopo la morte dell’imprenditore, la donna decide con coraggio di uscire allo scoperto e di raccontare tutto alle figlie. "Da parte nostra – riprende il loro legale – c’è la volontà di arrivare a una transazione che abbia comunque come condizione principale l’accertamento della paternità". Tra le parti, dall’estate è in corso una trattativa che sarà comunque legata ai risultati della riesumazione.

Tra il 23 ed il 30 dicembre, intanto, si sono costituite in giudizio l’Ant e l’Opera Padre Marella (entrambe non si sono opposte all’accertamento medico legale), con la seconda che ha richiesto, in via preliminare, la chiamata a partecipare al giudizio dei legatari. Decisione reiterata anche dalla Provincia San Domenico, anch’essa costituita, che si è rimessa a giustizia sulla richiesta di esumazione della salma.

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