Faac, appropriazione indebita: raddoppia l’accusa per gli avvocati di Rimondi

La denuncia: "Accordo favorevole solo ai legali"

Mariangela Manini

Mariangela Manini

Bologna, 16 dicembre 2016 -  Non solo falso, ma anche appropriazione indebita. Si aggrava la posizione dei due avvocati indagati nella nuova inchiesta aperta dal pm Antonello Gustapane sull’eredità Faac dopo la denuncia di Mariangela Manini, cugina di Michelangelo, il patron della multinazionale dei cancelli morto nel marzo 2012 lasciando il suo ingente patrimonio alla Curia. L’inchiesta madre e la contestuale causa civile sul testamento di Manini sono ormai chiuse da tempo. La prima con un’archiviazione, la seconda con un accordo del giugno 2014 fra l’Arcidiocesi e i sette eredi (sei zii e una cugina) di Michelangelo, che hanno accettato di ritirare il ricorso in cambio di 60 milioni di euro, da dividere appunto per sette.

Ed è proprio in merito al testamento di uno degli zii, Giuseppe Rimondi, morto un anno fa, che Mariangela ha presentato denuncia facendo partire l’indagine della Procura e della Guardia di finanza. Secondo le accuse, in sostanza, gli avvocati si sarebbero approfittati dell’anziano zio, facendogli sottoscrivere fogli in bianco e ‘patti di quota lite’ del tutto irregolari, al solo scopo di accaparrarsi una grossa fetta dell’eredità. Nella denuncia si ripercorre la vicenda dall’inizio, cioè da quando uno dei due legali, poco dopo che la notizia del lascito di Manini alla Curia divenne pubblica, assunse un investigatore privato per scovare quale fra i parenti di Michelangelo fosse ancora senza assistenza legale, così da proporsi per tutelarlo nell’imminente maxi-causa contro la Curia. E per ottenere l’incarico pagò pure una somma di denaro, a titolo di prestito. Per questi due fatti l’avvocato ha subìto un procedimento disciplinare dall’Ordine ed è stato condannato a tre mesi di sospensione (sanzione da lui impugnata).

Una volta ottenuto l’incarico, il legale assieme al collega avrebbe sottratto illecitamente una parte sostanziosa dei soldi destinati a Rimondi, sempre secondo la denuncia. In particolare, nel luglio 2014, quando l’accordo con la Curia era già stato stipulato, l’avvocato avrebbe convinto Rimondi a sottoscrivere un accordo secondo il quale il legale gli avrebbe versato una rendita annua di 20mila euro fino alla morte in cambio del 25% dei soldi versati dalla Curia. In sostanza, scrive la denunciante, in cambio di pochi spiccioli avrebbe ottenuto due milioni di euro, spacciando peraltro il tutto come un atto di grande generosità. Per Mariangela, l’anziano zio non era in condizioni di lucidità per capire i termini esatti di quell’accordo.

Infine, nella denuncia si contesta anche il testamento olografo fatto da Rimondi a favore della compagna, visto che la donna all’epoca era legalmente interdetta.

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