Bologna, eredità Stefanelli. Le presunte figlie: "Ora la verità"

"Siamo sotto choc. Comunque finisca, l’amarezza sarà tanta"

L'eredità lasciata da Gino Stefanelli (nel riquadro) ora è contesa

L'eredità lasciata da Gino Stefanelli (nel riquadro) ora è contesa

Bologna, 8 luglio 2019 - Un segreto tenuto dentro per oltre 40 anni, fino a quella lettera-verità che ti fa crollare il mondo addosso e ti cancella, in un solo colpo, certezze e parte del passato. «Perché mai – raccontano le due sorelle protagoniste della vicenda – nella vita avremmo pensato ad una notizia del genere. Mai...». Sapere, cioè, che l’uomo che avevano sempre reputato loro padre naturale, in realtà non lo è. All’insaputa di tutti, madre a parte. Ma non solo. Già, perché quello che ora potrebbe esserlo per davvero dopo la prova del Dna – l’imprenditore bolognese Gino Stefanelli –, è deceduto nel 2016. E in mezzo a questo vespaio, c’è un’eredità milionaria di 30-35 milioni di euro (c’è chi parla addirittura di 70) che oggi, con due testamenti olografi, è affidata all’Opera Padre Marella, all’Ant e ai frati predicatori che abitano il convento del Centro San Domenico.

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"Mamma – raccontano commosse le sorelle che, attraverso l’avvocato Lorenzo Casanova, hanno presentato in tribunale un atto di citazione per rivendicare l’intera eredità – non ci ha mai accennato nulla e mai abbiamo percepito qualcosa di strano". Adesso però, finite in questo tritacarne, si dicono "esterrefatte e sotto choc".

"Ecco la verità". La lettera, dicevamo. Quella che la mamma decide di inviare alle due figlie solo dopo la morte di Gino Stefanelli, avvenuta il 3 ottobre 2016. "In quell’esatto momento – confermano – siamo venute a sapere che quell’uomo potrebbe essere nostro padre naturale". Inizialmente l’incredulità è tanta, per un attimo balena addirittura l’idea dello scherzo di cattivo gusto. Nulla di ciò. Tutto è realtà. E lo dirà l’indagine di accertamento di parentela con i campioni del Dna prelevati ai quattro componenti della famiglia i cui risultati confermeranno l’estraneità biologica di colui che avevano sempre chiamato papà.

Il passaggio successivo è l’azione di disconoscimento di paternità davanti al tribunale di Bologna che, con sentenza pubblicata il 4 febbraio 2019 e passata in giudicato, "dichiara che ... non è il padre biologico" e ordina "all’ufficiale di Stato civile del Comune di Bologna di procedere alla consequenziale annotazione nei rispettivi atti di nascita".

Il cognome.  Ma le due donne oggi, qualunque sia il risultato che arriverà dalle analisi di laboratorio, hanno espresso una volontà ben precisa: mantenere il cognome attuale, con il quale per più di 40 anni sono state conosciute. Rivendicando, sottolineano nell’atto di citazione, il diritto del nome quale "fondamentale e costituzionalmente garantito di ciascun individuo". "Essendo state contraddistinte – precisa ancora l’avvocato Lorenzo Casanova – e individuate con tale cognome nei rispettivi contesti lavorativi e sociali fino a oggi".

Amarezza. In calendario, intanto, è già fissata una data a dicembre dove entrambe, con i rappresentanti dei tre eredi nominati da Stefanelli in testamento, si troveranno a Palazzo di giustizia. "Comunque finirà – sussurrano –, rimarrà tanta amarezza". Per una verità svelata troppo tardi e un passato che rischia di essere cancellato.

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