
Ergastolo. Pena di primo grado confermata per Gilberto Cavallini, l’ex Nar accusato della strage in stazione, il 2 agosto del 1980. Ottantacinque vittime e più di duecento feriti lasciò dietro di sé quella bomba letale, esplosa nella sala d’aspetto di seconda classe. E ora, un quarto uomo si aggiunge ai tre già condannati in via definitiva.
Dopo Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, la Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Orazio Pescatore ha stabilito che quel giorno in stazione centrale c’era anche Cavallini. E ha perciò confermato la condanna di primo grado riformandola in parte, poiché ha scelto di modificare il capo d’imputazione contestato inizialmente da strage comune a strage politica. Accogliendo dunque l’istanza della Procura, che aveva impugnato la sentenza proprio sotto questo aspetto. La condanna in primo grado, a firma del presidente della Corte Michele Leone, arrivò il 9 gennaio del 2020.
Ieri mattina l’ultima udienza d’appello per Cavallini è iniziata alle 9; un’ora dopo, la Corte si è ritirata in camera di consiglio. La sentenza è arrivata quasi sette ore dopo.
Prima, in aula, c’erano state le repliche del sostituto pg Nicola Proto – che aveva ribadito la richiesta di confermare l’ergastolo per l’imputato –, degli avvocati di parte civile e dell’avvocato difensore di Cavallini, Nicoletta Macrì. Il pg Proto aveva ribadito che due giorni prima della strage Cavallini era con gli altri ex Nar già condannati per la strage in via definitiva, mentre l’arringa della difesa dell’avvocata Nicoletta Macrì aveva sottolineato al contrario la mancanza di prove inoppugnabili contro l’imputato, sostenendo che Mambro e Fioravanti non fossero a casa di Cavallini in Veneto in quei giorni, al fine di ottenere da lui supporto logistico per la strage, e che l’imputato dunque non fosse in stazione a Bologna il 2 agosto. Una versione evidentemente respinta dalla Corte.
Cavallini, oltre che all’ergastolo, è stato condannato a pagare le spese del processo e quelle sostenute dalle parti civili per un totale di oltre 130mila euro, oltre che diecimila euro per Ferrovie e 3.500 per l’Avvocatura di Stato. Le motivazioni arriveranno tra 90 giorni.
Un processo, questo, caratterizzato dalla rinuncia all’incarico dai difensori dell’imputato, gli avvocati Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini, che fecero un passo indietro dopo che le loro richieste furono rigettate d alla Corte, in particolare quella di chiamare a testimoniare il terrorista ‘Carlos lo sciacallo’ e di integrare la perizia sul dna dei resti nella tomba di Maria Fresu.
"Con questa sentenza giungono due importanti novità – commenta infine l’avvocato dell’Associazione dei familiari delle vittime Andrea Speranzoni –: il crollo definitivo della ’Pista palestinese’, e la conferma dei rapporti tra i Nar, che non erano spontaneisti, ma terroristi neofascisti legati a Ordine Nuovo veneto e apparati dello Stato infedeli. Questa sentenza ci dà grande soddisfazione: è un giorno importante per la giustizia, per la città, per le vittime e per lo sforzo fatto in questa aula dal sostituto procuratore generale e dalle parti civili. È un giorno luminoso, non solo perché fuori splende il sole". È probabile però si arriverà in Cassazione.
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