Ergastolo al serbo che massacrò Consolato

Ivan Rudic condannato per il brutale pestaggio del 42enne ritrovato senza vita in un dirupo tra Tolè e Cereglio nel luglio 2019

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Fine pena mai per aver massacrato e ucciso Consolato Ingenuo, trovato in un dirupo tra Tolè e Cereglio la notte del 29 luglio 2019. Nessuno sconto, da parte dell’Assise presieduta dal giudice Domenico Pasquariello, per Ivan Rudic, condannato all’ergastolo come da richiesta del pubblico ministero Bruno Fedeli. Nessun concorso nell’omicidio volontario aggravato dai futili motivi, invece, per l’altro imputato, il romeno Nutu Mihai Apopei condannato però a due anni (tre quelli richiesti) per l’occultamento del cadavere del 42enne calabrese.

"Attendiamo le motivazioni, – il commento dell’avvocato Gabriella Moccia che difende Rudic con il collega Duccio Cerfogli – ma faremo certamente appello. Ci sono cose che non tornano, dal nostro punto di vista la dinamica cruenta descritta non trova riscontro". Difese che avevano chiesto che tutto venisse ricondotto al reato di morte come conseguenza di altro delitto, quello di lesioni gravi. Ovvero uno schiaffo, durante una violentissima lite per futili motivi e dovuta principalmente all’alcol, che avrebbe provocato la rottura del setto nasale del calabrese il quale, subito dopo, sarebbe caduto malamente per poi morire.

I giudici hanno escluso l’isolamento diurno per Rudic, condannando il 43enne serbo inoltre al pagamento delle spese processuali, oltre a una provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro al figlio, 30mila euro alla moglie di Ingenuo e 15mila alle altre parti civili. Tra un mese le motivazioni. "La Corte – così gli avvocati della famiglia, Antonio Francesco Maisano e Alberto Bernardi – ha accolto le ricostruzioni della pubblica accusa e nostra per quanto riguarda la responsabilità di Rudic in un fatto omicidiario di estrema gravità che lascia un’intera famiglia sgomenta e un bambino in tenera età senza suo padre. Ci riserviamo di valutare le motivazioni con riguardo alle responsabilità dell’altro imputato e all’esito decideremo ulteriori iniziative".

Si dice "moderatamente soddisfatto" invece l’avvocato Stefano Ossorio per Apopei: "Pur non avendo accolta la totale estraneità del mio assistito – spiega –, non lo è stata nemmeno la richiesta di condanna a 3 anni del pm per il capo b (l’occultamento, ndr). L’ipotesi più grave, quella omicidiaria, è caduta, non c’erano movente e prove. Tra Apopei e Ingenuo c’era un legame di amicizia. Vedremo come questa condanna sarà motivata, poi valuteremo come procedere".

Una vera e propria "sfida", per Procura e Arma, quella della notte tra il 29 e 30 luglio di due anni fa, lanciata da Rudic alla vittima davanti a un bar di Tolè, poi proseguita, con la scusa di un passaggio a casa, in via Fratelli Benassi, a due passi dall’abitazione di Apopei. Qui il "pestaggio" mortale, il lavaggio del sangue sulla macchina, con quest’ultima ritrovata ammaccata a lato della strada, dopo avere travolto alcune fioriere sulla via che da Cereglio porta a Tolè. L’incidente, sempre per l’accusa, sarebbe avvenuto dopo l’abbandono del cadavere nel dirupo accanto alla Provinciale 26, a 600 metri di distanza.

Nicola Bianchi

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